In carcere i “terroristi” di 12 anni
Israele/Territori Occupati Saranno incarcerati i bambini palestinesi che, secondo Israele, si renderanno colpevoli di violenze. La "Legge dei Giovani" è stata approvata a inizio settimana dalla Knesset
Israele/Territori Occupati Saranno incarcerati i bambini palestinesi che, secondo Israele, si renderanno colpevoli di violenze. La "Legge dei Giovani" è stata approvata a inizio settimana dalla Knesset
La parlamentare del Likud Anat Berko ha ottenuto ciò che voleva. Anche i bambini di 12 anni saranno incarcerati per “atti di terrorismo”. Bambini palestinesi naturalmente. È a loro che Berko ha pensato quando, assieme alla sua collega del partito nazionalista-religioso Casa Ebraica e ministra della giustizia Ayelet Shaked, ha promosso la cosiddetta “Legge dei Giovani”, approvata a inizio settimana dalla Knesset con 32 voti favorevoli, 16 contrari e un astenuto. «A chi è stato ucciso con un coltello non importa se il bambino che lo ha colpito ha 12 o 15 anni – ha commentato Berko – questa legge nasce per necessità. Affrontiamo una ondata di terrorismo e la gravità degli assalti (palestinesi) richiedeva un linea più aggressiva anche verso i minori».
«Nessun terrorista camminerà in strada libero» titolava l’altro giorno Arutz 7, l’agenzia di stampa della destra israeliana, rappresentando una buona fetta dell’opinione pubblica. La legge non fa riferimento esplicito ad alcun gruppo. Lo scopo però è quello di colpire i palestinesi di Gerusalemme responsabili nei mesi scorsi, durante la nuova Intifada, dell’uccisione o del ferimento di israeliani. Gran parte degli aggressori, spesso adolescenti, sono stati uccisi sul posto dalla polizia. Berko e Shaked sono state spinte ad agire dal caso di un ragazzino palestinese, Ahmad Manasra, che lo scorso anno ha accoltellato e ferito gravemente un coetaneo israeliano in una colonia ebraica alla periferia di Gerusalemme. Al momento dell’aggressione Manasra aveva 13 anni non poteva andare in prigione. Così il procedimento nei suoi confronti è stato rallentato fino al compimento del 14esimo anno di età, in modo da permettere alla corte di condannarlo ad pesante pena detentiva per tentato omicidio. Berko e Shaked hanno insisto e ottenuto condanne anche per i 12enni. In Cisgiordania invece i giudici (militari) israeliani hanno già condannato ragazzi palestinesi molto giovani al carcere per “atti di terrorismo”. Tra questi una bambina di 12 anni rimasta in cella per quattro mesi e liberata lo scorso aprile.
Nell’ultimo anno e mezzo il governo del premier Netanyahu e la Knesset hanno approvato provvedimenti e leggi che inaspriscono le misure e le pene per gli “atti di terrorismo” che in Israele includono anche il lancio di pietre contro persone e autoveicoli (20 anni di carcere per chi lo fa intenzionalmente, dieci anni se non viene provata la volontarietà del gesto). Il condannato rischia di perdere, assieme alla sua famiglia, anche la residenza e l’assistenza sociale. Tra le poche voci che in Israele si sono levate contro la “Legge dei Giovani” ci sono il centro B’Tselem per la tutela dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati e Acri, l’Associazione per i diritti civili. «Imprigionare i minorenni vuol dire negare loro la possibilità di una vita migliore», ha protestato B’Tselem. Da parte sua Acri, che un anno fa aveva chiesto a governo e parlamento di non abbassare la soglia di età in cui si va in prigione, ha chiesto l’attivazione di programmi educativi e sociali per i minori colpevoli di atti di violenza.
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