«In Campania termovalorizzatori fuori misura grazie al decreto SbloccaItalia»
Ambiente La denuncia di Legambiente: «Per farne funzionare uno da 300 mila tonnellate l’anno, si dovrebbe ridurre la raccolta differenziata per vent’anni»
Ambiente La denuncia di Legambiente: «Per farne funzionare uno da 300 mila tonnellate l’anno, si dovrebbe ridurre la raccolta differenziata per vent’anni»
«Il paradosso Campania» applicato agli inceneritori è stato l’argomento della lettera aperta inviata ieri da Legambiente al premier Matteo Renzi, al governatore Stefano Caldoro e al commissario europeo per l’Ambiente Janez Potocnik. Nel decreto Sblocca Italia (che dovrebbe essere varato a fine mese, le cui linee guida sono state presentate il 1 agosto) spunta l’istituzione di un commissario straordinario per accelerare la costruzione di un secondo impianto, dopo Acerra, a Salerno: «Per far funzionare un termovalorizzatore con una capacità di 300 mila tonnellate l’anno, come da bando, si dovrebbe ridurre la raccolta differenziata in Campania per vent’anni».
Gli ambientalisti hanno utilizzato i dati delle pubbliche amministrazioni scoprendo che, sulla base degli attuali livelli di produzione e di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e della impiantistica esistente, la Campania si attesta tra le prime regioni d’Italia come capacità di trattamento termico dei rifiuti (inceneritori) ma ha un’estrema carenza di impianti per la frazione organica, proveniente dalla raccolta differenziata. Carenza che penalizza soprattutto i comuni virtuosi. Nel complesso, la Campania ha avuto nel 2012 una percentuale di differenziata (41,5%, dati Ispra) superiore alla media nazionale che si assesta al 40%. Nel 2013 è salita al 44%, quasi il 50% nell’anno in corso.
«Visti i numeri – spiegano Michele Buonomo e Giancarlo Chiavazzo, rispettivamente presidente e responsabile scientifico di Legambiente Campania – è illogico l’accanimento delle istituzioni nel voler realizzare un ulteriore inceneritore e, di contro, proseguire in un dissimulato disimpegno nella realizzazione dell’impiantistica per la frazione organica. Inoltre, la formula dell’appalto in concessione, adottata per l’inceneritore di Salerno, condizionerà in negativo le future politiche in materia di rifiuti».
L’appalto in concessione, infatti, prevede che l’amministrazione concedente si impegni a conferire per un ventennio oltre 300 mila tonnellate l’anno di rifiuti solidi urbani al privato che realizza l’opera. Cioè, per rispettare il contratto, si dovrebbero diminuire gli attuali livelli di raccolta differenziata quando quello che manca davvero sono gli impianti aerobici o anaerobici per l’umido.
Attualmente gli unici due in funzione sono a Salerno e Teora (nell’Avellinese). Ad ottobre si dovrebbe aggiungere quello di Eboli. Il Piano regionale per la gestione dei rifiuti, approvato nel 2012, ne prevede undici e fissa l’obiettivo della raccolta differenziata a quota 50%.
Poteva andare molto peggio: nella precedente bozza dello Sblocca Italia erano state inserite dal governo per la Campania cinque nuove discariche più quattro termovalorizzatori. Una mole di impianti che avrebbe precipitato la visita di Renzi a Napoli il prossimo 14 agosto in un clima di scontro con comitati cittadini, attivisti e Amministrazione partenopea.
Dall’esecutivo sottolineano che le linee-guida del decreto sono quelle presentate dal premier la scorsa settimana; ma fino al prossimo consiglio dei ministri, fissato il 29 agosto, la situazione potrebbe cambiare ancora.
Contrari al termovalorizzatore di Salerno anche i deputati e senatori campani del Movimento 5 Stelle, che sottolineano anche come «l’istituzione del “commissario con super poteri” di appalto, direzione dei lavori, contratti e affidamento delle autorizzazioni rappresenta una grave deroga a tutti i principi normativi». Infine, nello Sblocca Italia si prevede «di stoccare ancora ecoballe in Campania, che si andrebbero ad aggiungere ai 6 milioni di tonnellate già presenti a Giugliano: vere bombe a orologeria pronte a esplodere in ogni momento. Basti ricordare i recenti incendi dei siti di stoccaggio di Benevento a settembre 2013 dove bruciarono 60 mila ecoballe e quello del marzo 2012 dove ad Acerra ci fu il rogo più grande di ecoballe della storia della Campania, nonostante il sito fosse sorvegliato dall’esercito».
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