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In attesa di poter morire

L’Associazione Luca Coscioni ogni settimana riceve richieste da parte di persone che vogliono accedere all’eutanasia, attualmente vietata in Italia. Di seguito pubblichiamo la lettera di un ragazzo: «Salve, ormai da […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 26 luglio 2014

L’Associazione Luca Coscioni ogni settimana riceve richieste da parte di persone che vogliono accedere all’eutanasia, attualmente vietata in Italia. Di seguito pubblichiamo la lettera di un ragazzo: «Salve, ormai da 17 anni vivo (si fa per dire) su una sedia a rotelle, paralizzato dal collo in giù. Il modesto utilizzo di un braccio mi permette di muovere a stento il joystick della mia carrozzina. Nonostante ciò, in questi anni, aiutato dai miei genitori, anzichè piangermi inutilmente addosso ho deciso di continuare gli studi, interrotti a 14 anni a causa dell’incidente che mi ha provocato la lesione al midollo spinale.

Mi sono laureato e ho successivamente cercato di fare qualcosa per il mondo dei disabili, dal quale purtroppo non riesco a scappare. Inoltre non ho mai smesso di fare fisioterapia e di ricercare sempre novità. Questo perchè, dal giorno dell’incidente, non potendo regalarmi sollievo con le mie forze, ho sperato (inutilmente) nella ricerca medico-scientifica.

Adesso le speranze hanno lasciato il posto alla realtà, e io non vedo altro che una già squallida situazione che può solo peggiorare col passare del tempo: i miei invecchieranno e quando non ci saranno più io finirò in qualche ospizio per chissà quanti anni prima di morire. Chiedo di essere aiutato a morire perchè non sopporto di dipendere in tutto e per tutto dagli altri, è stato e continua ad essere troppo umiliante fare la pipì, la pupù, il bagnetto, essere imboccato, farmi soffiare il naso, farmi grattare, farmi scaccolare, eccetera. Chiedo di essere aiutato a morire perchè continuo ad avere pulsioni e desideri come tutti gli altri ma non riesco a soddisfarli. Chiedo di essere aiutato a morire perchè già mi sono visto crescere da tetraplegico e non voglio vedermici marcire.

Spero che basti! I miei non condividono affatto questa mia scelta, anche se per farmi «contento» mi hanno portato in Svizzera per vedere se quelli della Dignitas mi ritenevano idoneo, e così è stato. Fatto questo però mi hanno riportato a casa. Ma come non capirli. I genitori vorrebbero che i propri figli fossero felici e quando non lo sono non possono far altro di sperare che lo siano, pensarli morti è un’ipotesi che non vogliono prendere in considerazione. Almeno nella mia famiglia funziona così! Ovviamente i miei in Svizzera non mi riaccompagnerebbero mai più, potete aiutarmi?

Aspetto una vostra risposta». Anche noi aspettiamo una risposta. Dal Parlamento. Da 316 giorni.

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