Si scrive Forza Italia, si legge Mediaset, anzi MfE, Media for Europe, come si chiama adesso. Le sorti dell’azienda e quelle del partito che dell’azienda è sempre stato emanazione, in misura diversa a seconda dei momenti, sono tanto strettamente legate che non saranno solo gli affaristi italiani ed esteri a spiare con massima attenzione la lettura del testamento di Silvio Berlusconi. Dovrebbe essere aperto oggi stesso ma neppure questo è davvero sicuro: il notaio Arrigo Roveda gareggia con la sfinge.

Per quanto riguarda la ridimensionata ex portaerei azzurra al momento non ci saranno scosse. Stamattina Tajani e i capigruppo Barelli e Ronzulli illustreranno il percorso del partito dopo il terremoto conclusosi ieri con la cremazione della salma del patriarca, per il seggio vacante al Senato si voterà entro il 29 ottobre. La conferenza stampa dei tre è convocata essenzialmente per dimostrare che il partito c’è ancora e va avanti. Ovvietà come la prosecuzione della campagna di tesseramento a parte, Tajani sarà nominato presidente pro-tempore, fino al congresso. Non subito, da Statuto, sarà necessario un passaggio formale per il Consiglio nazionale per ufficializzare la nomina temporanea ma si tratta solo di una formalità. Su Tajani, per ora, sono d’accordo tutti inclusa la minoranza di Ronzulli e Cattaneo, l’ex capogruppo defenestrato. L’importante è che sia fuori gioco la vera nemica che più temono, Marta Fascina quasi in Berlusconi. La formula adoperata da Cattaneo è da manuale: «Credo che oggi sia straziata dal dolore e dobbiamo concederle tempo per recuperare. Credo che l’elemento di equilibrio naturale sia Tajani».

La data del congresso è da destinarsi, probabilmente dopo l’estate. Bisogna però ricordare che Fi non è mai stato un partito come gli altri. I suoi congressi erano solo una raffica di esibizioni del mattatore, che decideva tutto da solo. Si tratterà del primo vero congresso e nel momento più difficile: non certo una passeggiata. Sul nome di Tajani, in teoria, potrebbero non esserci opposizioni neppure in prospettiva. Il problema è la direzione da imporre al nocchiero, che nessuno considera di gran polso. Per la minoranza l’obiettivo è invertire la rotta, allontanarsi da FdI senza per questo sfasciare la coalizione, se del caso guardare con interesse a Renzi e alla nebulosa centrista per «coltivare quell’area moderata che da sempre rappresenta l’ago della bilancia in Italia». Le nomine volute dal “dottore” e ratificate ancora prima del suo funerale, quelle che segnavano la vittoria piena di Marta Fascina, la minoranza le considerano figlie di una fase già tramontata.

Bisognerà vedere se la famiglia Berlusconi, in particolare i figli maggiori Marina e Pier Silvio, saranno d’accordo. Soprattutto bisognerà capire se Mfe dovrà difendersi dall’arrembaggio nel quale stanno già pensando di lanciarsi in molti. Il testamento sarà da questo punto di vista importante, perché solo la lettura chiarirà la destinazione del 61,21% di Fininvest, la holding guida di Mfe, sinora in mano al fondatore. Il 40% andrà in automatico ai figli, il resto è un’incognita dalla quale potrebbe dipendere la sorte della gigantesca azienda creata da Berlusconi.

Dalla Francia Vivendi, che detiene ancora il 23% delle azioni anche se si era impegnata a disfarsene parzialmente ma senza averlo mai fatto, spera che i figli minori vendano le loro azioni per tentare la scalata. Avrebbe già chiesto un incontro alla premier per evitare che il governo usi il golden power per bloccare l’eventuale operazione. Cairo è già quasi uscito allo scoperto e le due manovre potrebbero convergere in un unico assalto spartitorio.

È evidente che più l’azienda si sentirà minacciata, più avrà bisogno del sostegno del governo e più piloterà un partito che dipende in tutto e per tutto dal finanziamento di Arcore nella direzione più utile per stringere l’alleanza tra la ex Mediaset e palazzo Chigi. Nessuno oggi, neppure Tajani, è in grado di garantire quell’asse più di Marta Fascina, vicinissima com’è a Marina la primogenita. Forse le cose andranno davvero come si augura Cattaneo e la quasi signora Berlusconi tornerà nell’ombra «straziata dal dolore». Ma scommetterci sarebbe un azzardo.