E così, nonostante la risoluzione di Camera e Senato di due giorni fa, e la fretta con cui il governo avrebbe voluto varare il decreto per pagare i debiti alle imprese, anche ieri è stato un buco nell’acqua: la misura è slittata prima dalla mattina fino alle 19, per poi essere ulteriormente riviata ai prossimi giorni; pare entro lunedì, a quanto ha affermato il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. Il governo si è voluto prendere «qualche giorno per approfondire», ma in realtà il decreto era già pronto: solo che Grilli è finito sotto il fuoco di fila incrociato delle imprese – che criticavano il meccanismo troppo farraginoso e dirigistico con cui era stato previsto il pagamento, in questo spalleggiate dal ministro dello Sviluppo, Corrado Passera – e dei partiti, tutti schierati contro l’ipotesi di innalzare le tasse.
In mattinata era infatti trapelata la notizia che sarebbe stato anticipato al 2013 l’aumento dell’addizionale Irpef, a disposizione delle Regioni, per poter finanziare gli enti locali che non hanno soldi per pagare le imprese: l’incremento dall’1,73% al 2,33% previsto per il 2014, sarebbe già scattato quest’anno. Questa era almeno l’ipotesi sostenuta dai tecnici del Tesoro, per garantire le finanze locali dopo che avessero saldato i debiti. Ma, apriti cielo: sia dal Pdl (con Angelino Alfano), che dal Pd (con Stefano Fassina), fino a Cgil, Cisl e Uil (con i segretari Susanna Camusso e Raffaele Bonanni), a questa ipotesi è arrivato un no assoluto. Così che Grilli ha dovuto ritirarla, rimanendo peraltro con il problema di trovare risorse senza potere aggiungere voci ulteriori al deficit (il saldo dei 40 miliardi promessi tra quest’anno e il 2014, porterà il deficit 2013 al 2,9%, soglia massima concessa dalla Ue).
Ma non basta, perché un altro potente «ritardatore» del decreto è stato l’asse Passera-imprese. Ieri il ministro dello Sviluppo è stato in continuo contatto telefonico con Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e leader di turno di Rete Imprese per l’Italia, e il numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi. Tanto che all’incontro previsto per le 19 con il governo, il rinvio era praticamente già scritto.
Tra i più critici sulla prima stesura del decreto, proprioSangalli, di Rete Imprese per l’Italia: «Il testo – commentava ieri in mattinata – prevede l’emanazione di leggi regionali, decreti e graduatorie che rischiano di paralizzare ancor di più l’attività delle Amministrazioni. Si mette in campo un meccanismo farraginoso. Non è più tempo di illudere le imprese con le false promesse che alla fine servono soltanto per perdere ulteriore tempo, come è accaduto con i decreti varati 10 mesi fa che avrebbero dovuto dare il via al rilascio delle certificazioni dei crediti per favorire l’intervento delle banche e la compensazione con i debiti iscritti a ruolo. Purtroppo nulla ha funzionato, e non c’è nessuna ragionevole certezza che quanto è oggi all’esame del governo funzionerà».
Più soddisfatto si dichiara invece l’Anci, che associa i Comuni: «Il governo – spiega il presidente Graziano Delrio –, ha accolto le nostre proposte. Con i 7 miliardi immediatamente disponibili per i pagamenti alle imprese da parte dei comuni si va nella giusta direzione». E parla di una «giusta pausa di riflessione» per evitare un allentamento troppo condizionato del Patto di stabilità che rischia di rivelarsi inefficace, Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance (i costruttori edili di Confindustria). «Bisogna evitare di introdurre nuovi vincoli e sanzioni che rischiano di compromettere i risultati attesi – spiega – Secondo noi è inaccettabile soprattutto la norma che prevede l’impossibilità per gli enti autorizzati a pagare le imprese di realizzare nuovi investimenti per i successivi 5 anni».
A testimoniare l’urgenza del provvedimento ci sono i numeri della Cgia di Mestre. Dall’inizio della crisi ad oggi, sono già fallite 15 mila imprese a causa dei ritardati pagamenti della Pubblica amministrazione, il 114% in più rispetto al 2008, che ne aveva denunciato 1.800. Sono stati 60 mila i posti di lavoro persi.
Chiuso anche lo spinoso capitolo Tares, la nuova tassa sui rifiuti che sostituirà la Tarsu. In accordo con i Comuni dell’Anci, si è stabilito che entrerà in vigore già da maggio – alimentando così la possibilità di pagamenti alle imprese – ma si è deciso che una parte di essa – ovvero i 30 centesimi in più fissi a metro quadro – potranno essere esigibili soltanto a partire dal prossimo dicembre.
Mario Monti, intanto, ieri si è sentito al telefono – per la durata di oltre un’ora – con il Commissario Olli Rehn: il premier italiano ha garantito che il rapporto deficit Pil del Belpaese non sforerà il tetto del 3%; la manovra sui debiti della Pa, farà salire il deficit fino a un passo da quella soglia, il 2,9%.