Imprenditori chiedono a Netanyahu accordo con i palestinesi
Israele Un centinaio di industriali e uomini d'affari sono intenzionati ad affermare a Davos che in assenza di un accordo con i palestinesi, Israele si ritroverà isolato anche economicamente
Israele Un centinaio di industriali e uomini d'affari sono intenzionati ad affermare a Davos che in assenza di un accordo con i palestinesi, Israele si ritroverà isolato anche economicamente
Il premier Netanyahu con ogni probabilità userà la vetrina della prossima Conferenza economica di Davos, in Svizzera, per ripetere le ragioni di Israele al tavolo della trattativa (fantasma) con i palestinesi e per lanciare ulteriori accuse all’Iran e all’accordo che ha raggiunto con l’Occidente per il proseguimento del suo programma nucleare. Alla conferenza però prenderanno parte anche un centinaio di industriali, uomini d’affari e varie personalità israeliane, riuniti nel comitato “Breaking The Impasse”, intenzionati ad affermare su quel palcoscenico che in assenza di un accordo con i palestinesi, Israele subirà un boicottaggio internazionale sempre più incisivo. Ofra Strauss, Moshe Lichtman, Yossi Vardi, Shlomi Fogel, Danny Rubinstein, Itamar Rabinovich, Morris Kahn, per citarne alcuni, hanno anche sottoscritto un appello «alla pace» riportato con evidenza dalla stampa israeliana. Non sono sostenitori dei diritti dei palestinesi e neppure pacifisti. Sono soltanto dei grandi imprenditori e capitalisti preoccupati per i loro futuri profitti. Hanno il merito però di dire apertamente ciò che il primo ministro e il suo governo di destra preferiscono ignorare, pur di realizzare il loro disegno ideologico. Israele affronta un crescente boicottaggio internazionale, specialmente dall’Europa, e senza una soluzione politica all’occupazione dei Territori che dura da quasi 47 anni, le cose non potranno che peggiorare. A penalizzare in modo crescente l’economia israeliana non è più solo il Bds (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) attuato da associazioni e gruppi di attivisti di diversi Paesi contro l’occupazione militare e a favore dei diritti del palestinesi, ma sono anche le decisioni che stanno prendendo grandi società ed imprese private. Il “Financial Times” riferisce che oltre a quello olandese , altri importanti Fondi-pensione di vari paesi europei hanno deciso di ritirare i loro investimenti nelle banche israeliane perchè operano nelle colonie israeliane costruite in violazione del diritto internazionale. Sviluppi che non interessano proprio al ministro dell’economia Naftali Bennett, leader del partito ultranazionalista “Focolare ebraico”, che si è scagliato contro i negoziati. Secondo Bennett «Lo stato palestinese distruggerà l’economia israeliana». Intanto il presidente dell’Olp e dell’Anp, Abu Mazen, fa sapere a Netanyahu e ai mediatori americani di considerare «inaccettabile» la volontà attribuita al premier israeliano di «annettere» quattro e non tre blocchi di colonie in Cisgiordania. «Quello che richiediamo è ciò che ci ha dato la comunità internazionale nel 1967», ha detto Abu Mazne durante una visita ufficiale in Marocco, facendo riferimento alle linee di armistizio precedenti la guerra dei Sei Giorni. Netanyahu vorrebbe annettere a Israele anche Beit El oltre ai già noti blocchi di Ariel al nord, Maale Adumim all’est e Gush Etzion al sud. E’ il 13% del territorio del possibile Stato palestinese, in cambio del 3 o il 4% di territorio israeliano – in bassa Galilea, nella zona del “triangolo” a maggioranza araba – più una compensazione in denaro per il resto.
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