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Impeachment, la strategia della manipolazione

Impeachment, la strategia della manipolazione

Ai confini della realtà Derivato dal titolo dell’omonima piece di Patrick Hamilton e dal più conosciuto film di George Cukor, in America gaslight è diventato un verbo (gaslighting), sinonimo di manipolazione psicologica

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 30 novembre 2019

Derivato dal titolo dell’omonima piece di Patrick Hamilton (1938) e dal più conosciuto film di George Cukor (1944), in cui Charles Boyer tenta di convincere Ingrid Bergman di essere pazza con elaborati trucchi, tra cui i livelli della luce delle lampade a gas che si alzano e si abbassano misteriosamente, in America gaslight è diventato un verbo (gaslighting), sinonimo di manipolazione psicologica, menzogna e destabilizzazione della percezione del reale. Casi recenti di gaslighting molto riuscito includono Bengasi, lo scandalo delle mail di Hillary e la neutralizzazione del rapporto di Robert Mueller.
Al momento, il verbo è particolarmente di moda. Gaslighting è infatti la strategia con cui -uniti dietro al loro notoriamente mendace presidente- i repubblicani al Congresso stanno rispondendo allo spettacolo delle udienze della Commissione giudiziaria della Camera sull’impeachment. Chi sperava che -come successe per il Watergate – le lunghe, dettagliate, testimonianze di funzionari governativi di carriera che hanno servito amministrazioni di segno politico opposto, gettassero una luce inequivocabile sulle ricattatorie avventure ucraine di Trump e dei three amigos, rimarrà probabilmente deluso.

SECONDO i sondaggi, una settimana di deposizioni pubbliche non avrebbe spostato granché l’ago della bilancia dell’opinione pubblica nei confronti del destino politico del presidente. Si tratta di una divisione che -in sostanza- continua a replicare quella del paese. In parte, la spiegazione dell’immutabilità dell’assetto a due fazioni – anche davanti alle rivelazioni emerse dalle udienze per l’impeachment – è dovuto alla tv. Come oggi, la televisione giocò un ruolo fondamentale nel Watergate. Ma, mentre nel 1973 lo spettacolo dell’impeachment veniva consumato sulla rete pubblica Pbs e, a rotazione (per non perdere inserzioni pubblicitarie), sui tre network nazionali (Abc, Cbs e Nbc), oggi i canali più gettonati dagli americani che guardano l’impeachment, non sono Pbs, Abc, Nbc o Cbs, e nemmeno la pseudocentrista Cnn, Fox News e Msnbc, le due reti via cavo più dichiaratamente «di parte», e agli estremi opposti dello spettro politico (con la rete di Murdoch in vantaggio sui ratings). Muoversi tra quei due canali al confronto con una stessa notizia è come vivere in due Americhe diverse.

PER UNA, le deposizioni del 13 novembre scorso «hanno fornito agli americani il quadro complete del corrotto abuso di potere del presidente degli Stati uniti»; per l’altra, le stesse deposizioni «erano senza argomenti e stracche, e hanno provato che i democratici non hanno un master plan per l’impeachment». Testimoni che per Msnbc sono modelli di professionismo e dedizione civile vengono descritti su Fox News come «due homeless» o «gente che nell’intervallo a scuola se ne sta in un angolo». Prevedibilmente, l’odierna vocazione tribale del pubblico delle news si fa ancora più pronunciata quando dalla tv si passa a Twitter, Facebook o Reddit -il che garantisce che qualsiasi conversazione sulla politica si riduca quasi inevitabilmente alla declinazione di frasi precotte e «dalla propria parte» piuttosto che evolversi nella ricerca di un pensiero originale (che non significa trovare la fatidica «via di mezzo» quanto piuttosto uscire dallo stallo politico e intellettuale in cui ci troviamo). La stessa sterile prevedibilità rischia di contaminare la corsa alla nomination democratica. Sul New York Times, alcuni storici hanno paragonato la rappresentazione mediatica dell’attuale processo d’impeachment non a quello di Nixon ma a quello di un altro presidente, Andrew Johnson, nel 1868. Il che non è certo un segno di progresso.

giuliadagnolovallan@gmail.com

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