Immobile, la stagione di Ciro il Grande
Calcio Torre Annunziata ha premiato il centravanti della Lazio e della nazionale italiana dopo un'altra stagione in Serie A da capocannoniere
Calcio Torre Annunziata ha premiato il centravanti della Lazio e della nazionale italiana dopo un'altra stagione in Serie A da capocannoniere
Dice la leggenda che Ercole, in un momento di riposo delle sue dodici fatiche, prima di fondare Ercolano e Stabia, ruppe la vetta del monte Faito e la scagliò in mare dando origine allo Scoglio di Rovigliano, un’isoletta incantevole davanti al mare di Torre Annunziata, dove trovò la fine Plinio il Vecchio durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. A lungo fortezza d’avvistamento dei saraceni, i resti dell’antica costruzione sulle rocce attualmente versano in completa rovina e attorniati da un tanfo ammorbante, davanti alla foce ultrainquinata del fiume Sarno, pieno di residui di lavorazione di concerie e industrie conserviere. L’Ercole di oggi è un dio del pallone, biondo e umile, fortissimo e resistente, Ciro Immobile, di Torre Annunziata, il laborioso centro vesuviano che fece girare la testa a Goethe nel 1787 («pranzammo con la tavola disposta proprio in riva al mare. Tutti coloro erano felici di abitare in quei luoghi. Alcuni affermavano che senza la vista del mare sarebbe impossibile vivere. A me basta che quell’immagine rimanga nel mio spirito»), nel tempo famoso per l’arte bianca, la grande quantità di mulini e pastifici artigianali che sfruttavano la disponibilità d’acqua, il sapere tramandato e le brezze d’aria marina per «seccare» vermicelli e tubetti. Erano più di cento a inizio ‘900, il più famoso Voiello, l’unico ancora in attività Setaro, trafilature in bronzo e impacchettamento a mano, prodotto buonissimo ma tutt’altro che economico.
L’odierno centravanti della Lazio vive nella capitale però è ancora molto legato al luogo natìo, alla cittadina del litorale dove ha cominciato a giocare da bambino, un altro di quei talenti calcistici meridionali cresciuti in strada come Totò Schillaci e Antonio Cassano. A ferragosto Ciro il Grande, come lo chiamano gli amici e i tifosi, è stato premiato dal sindaco Vincenzo Ascione per la sua fenomenale stagione coronata col titolo di capocannoniere e la Scarpa d’oro. Si è sottoposto all’entusiasmante bagno di folla nella sala comunale dove è stato anche ricordato il giovane giornalista Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra nel 1985, per le sue scomode inchieste. Immobile, un cognome molto diffuso da queste parti, è nato nel 1990, in una zona popolare, a poche centinaia di metri dalla Chiesa di S. Maria della Neve, una basilica storica, un altro raccordo Torre Annunziata-Roma. Nel XIV secolo, alcuni pescatori, nello specchio d’acqua davanti lo scoglio di Rovigliano, trovarono una cassa impigliata nelle reti, conteneva un busto di terracotta che rappresenta una Madonna dalla pelle scura con in braccio il Cristo bambino, denominata la Madonna della Neve, legata alla copiosa imbiancatura avvenuta a Roma il 5 agosto 352, un prodigio ripetuto negli anni creando una nevicata di petali bianchi su S.Maria Maggiore, la chiesa edificata secondo la profezia del Pontefice che aveva sognato il manto candido sulla città.
«Lo dico sempre ai miei figli. Nel calcio come nella vita contano i sacrifici, altrimenti non si ottiene nessun risultato» ha detto ricordando il suo periodo giovanile al Sorrento quando, uscito da scuola, mangiava un panino in Circumvesuviana per essere puntuale all’allenamento. Quest’ultima stagione è stata segnata dalla malasorte per i biancazzurri, a un solo punto dalla Juve al momento della sospensione del campionato per il lockdown e penalizzati da infortuni e panchina corta alla ripresa a giugno, terminando al quarto posto in classifica, con gli stessi punti dell’Atalanta, terza. Ciro ha vinto per la quarta volta il titolo di capocannoniere del campionato (l’aveva già ottenuto nel 2014 con la casacca granata del Torino, segnando 22 reti in 33 partite e nel 2018, a pari merito con Icardi, con 29 marcature e anche in serie B, col Pescara nel 2012, con 28 gol) eguagliando il record di Higuain, 36 reti in una sola stagione, e la Scarpa d’oro, il trofeo europeo assegnato al miglior marcatore dell’annata, una sorta di completa realizzazione della carriera per l’attaccante, esperienze non troppo felici all’estero (in Germania e Spagna), con 39 presenze e 10 gol con la maglia azzurra della nazionale italiana (e 8 con quella dell’under 21).
Insomma un goleador assoluto, più di 250 reti fatte, provvisto di tecnica (un suo gol all’amato Napoli, nell’agosto 2018, dribblando con una finta e un colpo di tacco Koulibaly, Albiol e Mario Rui, tutti insieme) e fiuto del gol (tira di prima intenzione, con entrambi i piedi, dotato di notevole esplosività), in grado di trasformare in efficaci proiettili vincenti i palloni sporchi e vaganti nell’area avversaria. Tra i suoi 36 centri, da ricordare quello del 3-0 alla Sampdoria (quando riceve un lancio dalla difesa, lotta corpo a corpo col centrale, difende la palla, dribbla un secondo avversario e beffa il portiere con un diagonale imprendibile) oppure di testa, contro il Milan, 1-2, anticipando Romagnoli su cross di Lazzari e piazzandola nell’angolino alto sotto la traversa.
Oppure il 3-0 con la Spal, arrivando davanti a Berisha, scartandolo fuori area lateralmente e trovando la porta con un preciso pallonetto. Sul corso, tra palazzi storici fatiscenti e edifici tirati su malamente, muri scrostati e reti di ferro (l’ultimo crollo è di un paio d’anni fa) c’è lo striscione «Immobile, orgoglio oplontino» che rimanda alle scritte in giro sui muri, riallacciando il legame con Oplontis, l’antica zona suburbana di Pompei, dove sono state rintracciate la maestosa Villa di Poppea, un complesso a carattere residenziale, con pitture e affreschi straordinari e quella di L. Crassus Tertius, realtà agricola, col ritrovamento di un tesoro di gioielli, monete e altri oggetti preziosi. Del resto il dna calcistico locale ha avuto un illustre precedente col Savoia, la formazione cittadina, vessillifera del centrosud e vicecampione d’Italia nel 1924, sconfitta dal Genoa di De Vecchi. Quest’anno il Savoia gioca in serie D, il campo sportivo in erba sintetica Giraud è affianco al palazzo di giustizia, in questa zona flagellata dai clan e dalla delinquenza minorile.
«Anch’io ho avuto amici finiti in galera per scelte sbagliate, per me la salvezza è stata il calcio», aggiunge da simbolo positivo della rinascita vesuviana. Per il ragazzino predestinato, golden boy e capocannoniere al torneo di Viareggio nel 2010, arrivato a 125 reti in maglia biancazzurra, c’è da inseguire un altro primato, i 159 gol di Silvio Piola. E poter deliziare con le sue giocate il pubblico internazionale della Champions League inseguendo l’Europeo 2021, l’ennesima fatica per l’Ercole biondo dai piedi d’oro.
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