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Immigrazione, Obama va allo scontro

Immigrazione, Obama va allo scontro – Reuters

Stati uniti I repubblicani bloccano la riforma proposta da Barack, che con la legge attuale ha stabilito il record di espulsioni. I latinos ringraziano per la mutua, ma preferirebbero che i loro cari non venissero deportati e incarcerati

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 16 marzo 2014
Luca CeladaLOS ANGELES

La riforma dell’immigrazione proposta da Obama è stata approvata da una commissione bipartisan e votata dal Senato ma è impantanata senza speranza nella Camera controllata dai repubblicani, che non hanno alcuna intenzione di muovere un dito per favorire i programmi sociali dell’inviso presidente – men che mai in un anno elettorale. Per aggirare l’ostruzionismo a oltranza del GOP, Obama ha cominciato a ricorrere al potere esecutivo come nel caso del dream act. Il disegno di legge prevede un’amnistia per i giovani entrati clandestinamente nel paese da piccoli e che abbiano completato le scuole secondarie – ce ne sono fra 800 mila e un milione e mezzo – agevolandone l’accesso legale agli studi universitari.

Anche questa proposta è stata ripetutamente affossata dall’opposizione repubblicana, ma nel giugno del 2012 Obama ha annunciato che le autorità federali non avrebbero legalmente perseguito gli studenti senza permesso di soggiorno. La decisione, che ha fatto infuriare l’opposizione, è stata un inversione di tendenza rispetto alla precedente linea dura.

I repubblicani hanno sempre detto che non avrebbero ammesso ammorbidimenti sull’immigrazione fin quando il flusso dei clandestini oltre la frontiera meridionale non fosse stato bloccato – cioè mai, dato che si tratta di un’oggettiva impossibilità. Nel tentativo di appagare i falchi e cercare il compromesso necessario alla riforma, Obama ha però in effetti perseguito una escalation delle deportazioni mediante retate e raid sui posti di lavoro. Risultato: l’attuale amministrazione “liberal” ha forzatamente rimosso oltre 2 milioni di persone, più che qualunque altro governo, spesso separando familiari o genitori dai figli. Una linea dura che non è servita a a nulla (certamente non ad imbonire i repubblicani) salvo esasperare sempre di più la comunità ispanica. Nella recente campagna per fare iscrivere i latinos nelle liste assicurative di obamacare – la riforma sanitaria che è la pietra miliare del suo mandato, il presidente ha così avuto una serie di spiacevoli incontri con immigrati molto più preoccupati della deportazione dei propri cari che non della propria mutua. Fin qui il presidente ha sempre ripetuto loro che nulla poteva contro le leggi in vigore e che in materia le sue mani erano legate fin quando queste non fossero state cambiate.

Ora però, anche per probabile effetto dell’avvicinarsi delle elezioni di midterm nelle quali avrà bisogno di tutto il tradizionale supporto dei latinos, Obama per la prima volta ha detto che esaminerà «possibili opzioni» per alleviare il peso delle politiche immigratorie sulle famiglie. In un incontro con parlamentari ispanici giovedì, Obama ha affermato di essere cosciente del dolore arrecato alle famiglie e di voler valutare «applicazioni più umanitarie delle leggi».
L’annuncio del presidente, apparentemente ora più disposto ad intraprendere iniziative esecutive unilaterali, è stato echeggiato lo stesso giorno da un intervento del ministro della giustizia Eric Holder a favore di una riduzione delle pene per reati minori di droga. Holder ha apertamente denunciato «un utilizzo eccessivo della carcerazione» come rimedio sociale che è economicamente insostenibile oltreché eccessivamente costoso in termini «umani e morali». Nell’ipertrofico complesso penale-industriale americano sono incarcerate 2,3 milioni di persone, una popolazione-ombra che è quintuplicata negli ultimi 30 anni. Oggi gli Usa che rappresentano circa il 5% della popolazione mondiale ma detengono notoriamente dietro le sbarre il 25% dei prigionieri del mondo, la gran maggioranza dei quali condannati per droga, reati spesso irrisori puniti con pene che sono andate progressivamente inasprendosi da quando Richard Nixon lanciò la famigerata Guerra alla droga quarant’anni fa. Di recente Holder aveva già criticato l’ossessione proibizionista e giustizialista del paese parlando del «circolo vizioso di povertà, criminalizzazione e incarcerazione che intrappola troppi Americani», problemi, ha ammesso, che «il sistema giudiziario ha esacerbato invece di alleviare».

Come le riforme all’immigrazione, le modifiche all’applicazione delle pene che Holder ha proposto a una commissione giudiziaria (che potrebbero presto liberare 6500 detenuti) sarebbero politicamente improponibili data la prevalente retorica anti-crimine. Gli annunci paralleli di Obama e Holder sembrerebbero indicare una nuova volontà di cercare lo scontro frontale coi repubblicani.

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