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Immigrati, una strage di donne e bambine

Immigrati, una strage di donne e bambineGli immigrati supersiti a bordo della nave Grecale – Reuters

Immigrazione 17 i corpi recuperati, tra i quali anche due bimbe

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 14 maggio 2014

Una strage di donne e di bambine. E’ sempre più drammatico il bilancio dell’ultimo naufragio di migranti nel Mediterraneo. Delle 17 salme recuperate fino a ieri dai militari dell’operazione Mare nostrum 12 appartengono a donne e due ad altrettante bambine, una di pochi mesi e una di massimo due anni, a ulteriore prova di come a pagare i costi più alti di queste fughe da guerra e disperazione siano soprattutto i più deboli. Tre sono invece i corpi degli uomini recuperati. Unica nota positiva, se così si può dire, è che a bordo dell’imbarcazione affondata lunedì potrebbero non esserci state 400 persone, come si riteneva all’inizio, ma molte meno. «Sui dispersi non vi posso dare certezze, ma questa barca è come quelle che si vedono spesso e i numeri su questi natanti vanno dai 200 ai 250 passeggeri al massimo per volta», ha detto ieri il comandante della nave Grecale, Stefano Frumento, ridimensionando così il numero dei dispersi.
L’immigrazione diventa intanto terreno di scontro tra Roma e Bruxelles che si rimpallano la responsabilità degli interventi a favore dei migranti insufficienti ad evitare nuove morti. E i toni crescono per tutta la giornata, con il portavoce della commissaria per gli Affari interni Cecilia Malmstrom che rivela di aver chiesto più volte all’Italia di cosa avesse bisogno per far fronte ai numerosi barconi che arrivano lungo le coste siciliane e il ministro degli Interni Alfano che replica definendo «parole fra il provocatorio e il ridicolo» quelle che arrivano da Bruxelles. Fino a sera quando una telefonata tra Alfano e la stessa Malmstrom sancisce la tregua. Almeno ufficialmente e almeno fino al prossimo scontro.
E’ chiaro ormai da tempo che l’immigrazione sarà uno dei temi caldi che caratterizzerà il semestre di presidenza italiana che comincerà dal prossimo mese di luglio. Del resto Roma ha più volte chiesto a Bruxelles di rivedere la politica troppo rigida adottata finora dall’Unione europea nei confronti dei disperati che vedono proprio nell’Europa una possibilità di salvezza da guerre, persecuzioni e miseria. Lunedì, giorno in cui l’ultimo barcone è naufragato a poche miglia dalle coste libiche, per la verità un cambio di marcia da parte della stessa Malmstrom c’è stato. Mentre Alfano denunciava per l’ennesima volta come l’Italia fosse stata lasciata sola ad accogliere i migranti, la commissaria ha chiesto ai paesi membri di «impegnarsi nella ricollocazione dei rifugiati direttamente dai campi fuori la Ue e nell’apertura di canali legali» di ingresso. E anche se è vero che dopo la tragedia che si è consumata a Lampedusa il 3 ottobre scorso, alle tante promesse non è seguito neanche un fatto, l’apertura della Malmstrom potrebbe significare un importante cambio di linea.
A fare infuriare Alfano sono le dichiarazioni rilasciate dal portavoce della Malmstrom, Michele Cercone: «La commissaria a marzo ha inviato una lettera alle autorità italiane dando la disponibilità della Commissione per verificare quali altri misure concrete possano essere messe in campo. Ma non abbiamo ricevuto indicazioni precise», spiega. E per quanto riguarda la possibilità che altri Paesi accolgano i richiedenti asilo sbarcati in Italia, come sollecitato da Alfano, «noi all’Ue possiamo finanziare il ricollocamento dei rifugiati ma non possiamo obbligare i paesi ad accoglierli».
Immediata la replica del ministro, che ricorda di aver presentato all’Ue quattro richieste precise: «La prima: accoglienza umanitaria in Africa, in particolare in Libia. La seconda: il soccorso in mare deve farlo l’Europa attraverso Frontex. La terza è che Frontex abbia una sede in Italia e non a Varsavia. Infine, elemento importantissimo – conclude Alfano – siccome i migranti non vogliono stare in Italia, devono avere la possibilità di esercitare il diritto di asilo politico anche nel resto di Europa. Altrimenti trasformiamo l’Italia nella prigione dei rifugiati politici». Una possibilità quest’ultima sollecitata anche dal ministro della Difesa Roberta Pinotti. «Sia l’Europa ad assumersi una responsabilità – spiega il ministro al Copasir – e noi pensiamo che sia importante anche l’intervento dell’Onu, perché i due terzi di coloro che fuggono lo fanno da situazioni di difficoltà e di guerra, in particolare da Centro Africa, Mali e Siria, sono persone che hanno diritto di asilo».

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