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Ilva, si potranno usare i soldi dei Riva

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Taranto Passa la fiducia sul decreto: due miliardi sequestrati saranno a disposizione dei commissari. Ma i ricorsi e i dubbi delle autorità elvetiche potrebbero incagliare le somme

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 20 febbraio 2015

L’Aula del Senato ha approvato con 151 sì e 114 no la fiducia posta dal governo sul maxi-emendamento sostitutivo del decreto legge sull’Ilva approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 24 dicembre. Il testo ha incorporato tutte le modifiche introdotte dalle commissioni Ambiente e Industria di Palazzo Madama passate al vaglio della commissione Bilancio. Il provvedimento, che passa ora alla Camera, deve essere convertito in legge entro il 6 marzo.

Il principale effetto del decreto è l’accesso dell’Ilva, che ha debiti per quasi 2,9 miliardi di euro, all’amministrazione straordinaria, disposto dal Mise il 21 gennaio scorso. In secondo luogo viene consentito ai commissari dell’Ilva, di accedere a un finanziamento di 400 milioni di euro, con la garanzia dello Stato. Somma che dovrebbe essere concessa dalla Cassa depositi e prestiti, anche se l’ente finora non ha confermato. Per ottenere il finanziamento, «è istituito nello stato di previsione del Mise un fondo a copertura», «con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2015». Sempre in tema di risorse, è stato approvato il trasferimento definitivo di 156 milioni di euro da Fintecna – società controllata dalla Cdp – all’Ilva per chiudere un contenzioso che risale al passaggio dell’azienda dallo Stato, l’Iri, al gruppo Riva avvenuto nel ’95. Risorse vincolate alle future bonifiche, che adesso potranno essere usate come dotazione economica per la newco che andrà a nascere nelle prossime settimane e prevista dal decreto Investment compact: una società a partecipazione pubblica che dovrebbe prendere in affitto gli impianti e riportarli alla redditività in massimo 10 anni. Operazione sulla quale ci sono però ancora molti dubbi.

Il testo stabilisce poi che i commissari sono autorizzati a chiedere, per finanziare il piano di risanamento ambientale, il trasferimento delle somme sequestrate ai Riva nell’inchiesta della Procura di Milano per truffa ai danni dello Stato. Si tratta di 1,2 miliardi di euro, più altri 700 milioni di euro individuati in diversi paradisi fiscali. I commissari possono chiedere al giudice di «disporre l’impiego delle somme sequestrate per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla società in amministrazione straordinaria». Un’operazione ancora oggi molto dubbia, visto che i legali dei Riva hanno già annunciato ricorso, e che potrebbe non soddisfare le autorità svizzere, visto che tranne 164 milioni di euro che si trovano in Italia, il resto del tesoro dei Riva è situato nelle casse delle banche svizzere Ubs e Aletti del gruppo Banco Popolare. Le autorità elvetiche infatti, sembrano orientate a concedere il via libera dei capitali soltanto a fronte di una prima sentenza definitiva nel processo milanese appena iniziato.

La legge autorizza inoltre la sospensione dei versamenti erariali da parte di imprese di autotrasporto e piccole imprese creditrici dell’Ilva, nonché l’utilizzo del Fondi garanzia – fino a un importo di 35 milioni – per aiutarle nell’accesso al credito. Inoltre considera prededucibili i crediti contratti da queste imprese con l’Ilva, consentendone il pagamento prima degli altri.

Infine, il piano di risanamento ambientale si intenderà attuato se entro il 31 luglio 2015, sarà stato realizzato l’80% delle prescrizioni. Con la Regione Puglia autorizzata a potenziare il settore di oncologia pediatrica nella provincia di Taranto per un importo pari a 5 milioni di euro.

Intanto, mentre il Senato era intento ad approvare il settimo decreto sull’Ilva, a Taranto si svolgeva una nuova udienza del processo per disastro ambientale nei confronti del siderurgico. Il procuratore capo Franco Sebastio, ha reiterato la richiesta di rinvio a giudizio dei 52 imputati (49 persone fisiche e tre società). Dalle denunce di singole persone, associazioni ambientaliste ed enti alle intercettazioni telefoniche, alle relazioni stilate dalle forze dell’ordine, alla documentazione sanitaria che attesterebbe i danni, fisici e non, subiti dagli abitanti di Taranto e da chi svolgeva un’attività, soprattutto agricola, a causa dell’inquinamento provocato dal siderurgico: questi gli elementi di prova ricordati dal pool della Procura.

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