Saranno oltre mille i lavoratori tarantini che sciopereranno oggi a Roma, insieme a Fim, Fiom e Uilm, contro il nuovo piano industriale di ArcelorMittal Italia. Ieri mattina si è svolto il volantinaggio in fabbrica dei delegati sindacali, che ha anticipato lo sciopero di 32 ore dei lavoratori diretti e dell’indotto partito ieri sera alle 23 e che si concluderà domani alle 7. Per Fim, Fiom e Uilm “è evidente che si rende necessario l’intervento del governo affinché si assuma una posizione chiara e in controtendenza rispetto a quanto prospettato da ArcelorMittal attraverso la presentazione del piano industriale“.
Sempre oggi si terrà invece un incontro tra i commissari straordinari di Ilva in Amministrazione Straordinaria e Francesco Caio, presidente di Saipem e nominato consulente per il governo nella vicenda Ilva dal ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Che ha invece convocato per giovedì pomeriggio a Roma i sindacati, incontro durante il quale dovrebbe illustrare le proposte del governo per il futuro del siderurgico tarantino.
Intanto ieri la Procura di Taranto, attraverso il pm Antonella De Luca, ha accolto l’istanza di proroga sui lavori da effettuare sull’Altoforno 2, richiesta dai commissari straordinari di Ilva in Amministrazione Straordinaria. Il pm, dopo aver letto la super perizia redatta dal custode giudiziario degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto, Barbara Valenzano, ha tramesso il suo parere al giudice monocratico Maccagnano. Toccherà infatti a quest’ultimo accogliere o meno l’istanza di proroga presentata dai commissari entro il 13 dicembre, quando scadranno i 90 giorni previsti dal tribunale del Riesame, per effettuare i lavori previsti, pena lo spegnimento dell’altoforno. Qualora la proroga non venisse accordata, Ilva in AS, per non far scattare di nuovo il sequestro senza facoltà d’uso , ha già annunciato che ricorrerà al Tribunale del Riesame.
Potrebbe infatti ripetersi ciò che accadde a fine luglio, quando con un’ordinanza di 13 pagine il giudice Maccagnano rigettò l’istanza presentata dai commissari straordinari di Ilva, in cui si chiedeva la possibilità di effettuare i lavori di messa in sicurezza dell’altoforno 2, dopo l’ordine di spegnimento del pm De Luca dello scorso 9 luglio. Diniego che arrivò nonostante pochi giorni prima, il 23 luglio, la stessa Procura avesse espresso parere favorevole all’accoglimento dell’istanza “di dilazione temporale e facoltà d’uso per un periodo non superiore a 120 giorni”, espressamente prendendo “atto del positivo proposito di Ilva di procedere conformemente alle prescrizioni indicate dal custode, tenuto conto del periodo feriale incombente con numerose maestranze in ferie e aziende chiuse e considerando che l’analisi di rischio indicata dal custode non può essere istantanea”.
Il giudice Maccagnano è il titolare del processo partito lo scorso ottobre, sull’incidente mortale dell’8 giugno 2015 in cui perse la vita l’operaio Alessandro Morricella, investito da una fiammata mista a ghisa incandescente, avvenuto sul piano di colata dell’altoforno 2. Da allora sono passati oltre quattro anni, senza che sia stata fatta chiarezza sul reale motivo dell’incidente. Ilva ha sempre sostenuto che non dipese da un mal funzionamento dell’impianto, ma da un errore umano durante l’operazione di temperatura della ghisa. Di parere contrario la Procura e il custode giudiziario Valenzano, che sostengono la pericolosità dell’impianto.
La vicenda dell’altoforno 2, insieme all’abolizione dell’esimente penale e al sequestro del IV sporgente del porto di Taranto dopo l’incidente mortale dello scorso 10 luglio, hanno inevitabilmente contribuito al tracollo economico che ha acuito la crisi dell’ex Ilva ora ArcelorMittal Italia. Che governo e azienda stanno cercando, attraverso una complicata trattativa, di salvare dal definitivo tracollo.