Lavoro

Ilva, scontri e occupazioni a Genova

Ilva, scontri e occupazioni a Genova

Acciaio Scontro con il Pd, sindacati divisi: contestato lo stanziamento di fondi attravesto i lavori socialmente utili. Intanto a Roma si vota il decreto del governo e parte il count down per l'acquisto da parte dei privati

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 12 gennaio 2016

Giornata di scontri e di altissima tensione ieri a Genova, per la vertenza Ilva: mentre a Roma, alla Camera, era in discussione il decreto del governo sul futuro del siderurgico, nel capoluogo ligure esplodeva la protesta. «Pacta sunt servanda» recitava lo striscione di apertura: ovvero i patti si devono mantenere, in riferimento all’accordo di programma del 2005, che impone garanzie di continuità di reddito e di occupazione ai dipendenti del siderurgico.

Se al corteo per le vie della città hanno partecipato i lavoratori di tutte le sigle sindacali, quelli della Fiom, in particolare, hanno però contestato l’emendamento Basso, che stanzia 1,7 milioni di euro dei fondi destinati alla riqualificazione di Cornigliano per integrare la solidarietà (dal 60% al 70%) dei dipendenti, attraverso il ricorso ai lavori socialmente utili. I metalmeccanici Cgil lo giudicano «una soluzione pasticciata», inadeguata a garantire sul lungo termine l’occupazione, come invece viene previsto dall’accordo di programma del 2005. Le tute blu hanno prima occupato il cortile di Palazzo Tursi, sede del Comune, e poi la sala antistante l’aula del consiglio comunale.

Tra i momenti più concitati, la contestazione di un gruppo di tute blu al segretario genovese del Pd, inseguito dopo che era uscito dalla sede del Comune, e attaccato con insulti e sputi.
Sul fronte sindacale, le tre sigle di categoria si sono divise: da un lato la Fiom, dall’altro Fim e Uilm, più caute perché al contrario della Cgil hanno ritenuto adeguata la soluzione individuata finora per i lavoratori di Cornigliano.

«Quell’emendamento è un pasticcio – ha spiegato Bruno Manganaro, segretario della Fiom – Non garantisce i lavori socialmente utili addossandoli alla Società per Cornigliano. In più ci espone al rischio di impugnazione da parte di qualsiasi altro lavoratore in solidarietà, e in aggiunta non fa riferimento all’accordo di programma» .

La Fiom chiede un intervento del governo: al prefetto, che ha incontrato una delegazione di lavoratori, il sindacato ha spiegato che finché non sarà convocato un tavolo da parte dell’esecutivo, l’occupazione del Municipio non cesserà.

Per Rosario Rappa, segretario nazionale, e Mauro Faticanti, responsabile siderurgia della Fiom, «è ora che il governo si occupi finalmente dell’Ilva. L’iniziativa di oggi (ieri per chi legge, ndr) è solo l’inizio di una mobilitazione che terminerà nel momento in cui l’esecutivo nazionale dimostrerà di voler risolvere i problemi legati al Gruppo, a partire dalla tutela dell’occupazione».

D’altronde, in vista della vendita del siderurgico, messa in conto proprio per quest’anno, le incognite sono ancora molte, e i lavoratori – giustamente – sono preoccupati. Senza contare il problema ambientale, la necessità di risanare un territorio (soprattutto a Taranto) devastato dalle emissioni inquinanti, problema anche questo tutt’altro che risolto.

Fim e Uilm ieri, al contrario della Fiom, hanno invece accettato il percorso tracciato fin qui dalle istituzioni: «Al centro del dibattito con il prefetto – hanno spiegato dopo l’incontro – l’accordo di programma e il mantenimento dei livelli salariali già messi in sicurezza con un decreto del governo, grazie all’emendamento Basso. L’emendamento prevede i lavori socialmente utili con l’utilizzo del 1,7 milioni di euro della società per Cornigliano. La Fiom, che non si è detta soddisfatta di questa operazione, deve chiarire se rifiuta il provvedimento, assumendosene – di fatto – tutte le responsabilità davanti ai lavoratori». Il prefetto di Genova ha garantito l’intenzione di organizzare un incontro con il governo».

E intanto, mentre a Taranto i sindacati hanno chiesto l’integrazione dei salari e la riduzione degli esuberi – ricevendo però un no dall’azienda – domenica scorsa è partito il mese di tempo per manifestare interesse all’acquisto dell’Ilva: sarebbero in pole i coreani di Posco e un’alleanza fra Cassa Depositi e Prestiti e i gruppi Marcegaglia, Arvedi, Eusider e Trasteel, a cui potrebbe aggiungersi la Pir che fa capo alla famiglia Ottolenghi. Tra i manager papabili per essere messi al timone, si parla di Paolo Scaroni.

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