Ilva, inizia l’era Arccelor Mittal tra scioperi e proteste
Da Genova a Taranto Maurizio Landini all’assemblea permanente a Cornigliano: «L’accordo va rispettato»
Da Genova a Taranto Maurizio Landini all’assemblea permanente a Cornigliano: «L’accordo va rispettato»
Inizio con sciopero e proteste. Ieri è partita l’era Arcelor Mittal Italia per Ilva. Il passaggio di consegne con l’amministrazione straordinaria è avvenuto e ognuno dei 13.800 dipendenti dovrebbe aver saputo se fa parte dei 10.700 riassunti dal colosso franco-indiano secondo l’accordo firmato il 6 settembre fra azienda e sindacati al ministero dello Sviluppo economico sotto l’egida di Luigi Di Maio.
Una chiamata al numero verde apposito o accedendo, tramite password, al portale MyIlva per sapere se continueranno a lavorare con la nuova gestione o andranno in cassa integrazione rimanendo nell’amministrazione straordinaria in attesa della proposta di assunzione che – secondo l’accordo – dovrà arrivare per tutti gli esclusi oggi «dal 23 agosto 2023 e non oltre il 30 settembre 2025» nella cosiddetta «clausola di salvaguardia occupazionale».
Ma polemiche e problemi ci sono. Le più importanti a Genova dove la Fiom ha deciso di protestare per il rischio di mancato rispetto dell’accordo di programma del 2005 che prevedeva il mantenimento dei livelli occupazionali. Nell’accordo c’è un paragrafo dal titolo «Disposizioni per Genova Cornigliano» che garantiva il posto agli attuali 1.474 dipendenti con 1.000 che dovrebbero essere assunti subito.
Ma le rassicurazioni non hanno avuto seguito nei tavoli previsti al ministero, specie per i circa 500 operai che rimarranno in cassa integrazione e che dovrebbero integrare il sussidio con lavori di pubblica utilità gestiti dalla Società di Cornigliano, che però dev’essere finanziata dal governo. Su quest’ultimo aspetto i sindacati aspettano ancora l’incontro chiarificatore con il ministro allo Sviluppo economico Luigi Di Maio. E allora da ieri mattina alle 5 a Cornigliano è partita la protesta con un assemblea permanente.
Ieri pomeriggio i lavoratori hanno ricevuto la visita del segretario confederale della Cgil Maurizio Landini. «La Cgil non è qui solo per esprimere solidarietà alla vostra lotta ma perché è tra i firmatari dell’accordo del 6 settembre in cui era scritto che l’Accordo di programma non era messo in discussione. Quindi quell’accordo deve essere difeso», ha esordito Landini. Sul ruolo di società per Cornigliano, società pubblica nata con l’accordo di programma per la bonifica delle aree a caldo e della riqualificazione del quartiere di Cornigliano, Landini ha ricordato che «si tratta di un soggetto che nella trattativa è venuto fuori più volte ed è un altro pezzo che va discusso, perché se si vuole che quella società abbia un ruolo deve essere messa nelle condizioni per poterlo avere».
L’ex segretario generale della Fiom rivolgendosi ai lavoratori ha parlato anche della questione sicurezza dopo i due infortuni in una settimana proprio mentre l’azienda vuole tagliare il personale di circa 60 unità: «Il punto sono sia gli investimenti e sia la sicurezza – ha detto – perché se oggi lavorano 1.059 persone e da domani viene chiesto di fare lo stesso lavoro con 1.000 è ovvio che c’è qualcosa che non torna».
Le pressioni della Fiom hanno ottenuto un risultato. Alle 8 di sera il presidente della Regione Toti ha annunciato l’arrivo della convocazione dal Mise: «Il tavolo per l’Ilva di Genova sull’Accordo di programma è convocato al ministero per il 7 novembre alle ore 10».
A Taranto intanto la procedura di selezione del personale è stata criticata. Da oggi, oltre password e numero verde, partiranno le raccomandate di riassunzione per 8.200 lavoratori sugli attuali 10.700 (altri 100 lavoratori hanno transato prendendo l’incentivo di 100 mila euro lordi dopo i 400 che l’avevano fatto subito). Ma la media ponderata utilizzata dall’azienda non è mai stata spiegata ai lavoratori. L’accordo prevedeva di valutare per ogni lavoratore tre parametri: «linea tecnologica» (i reparti che rimarranno nella nuova produzione: non ci saranno per esempio tubifici e rivestimenti), carichi familiari e anzianità di servizio. Ma il peso di queste tre voci non è stato illustrato nemmeno dopo le proteste della Fiom.
Le proteste degli esclusi sono già partite: «Ho sentito padri di famiglia con 3 figli che non sono stati assunti ed è umano che protestino», spiega Francesco Brigati della Fiom Taranto.
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