Ilva, non sarà Emiliano a fermare lo stabilimento
Puglia Il governatore mantiene la promessa fatta e il ministro Calenda ne approfitta per ritirare ritira la minaccia di spegnere l'acciaieria di Taranto
Puglia Il governatore mantiene la promessa fatta e il ministro Calenda ne approfitta per ritirare ritira la minaccia di spegnere l'acciaieria di Taranto
Nessuna svolta, qualche buona notizia e un clima si spera diverso. La vicenda Ilva ieri ha registrato parecchie novità. La prima l’ha annunciata direttamente Carlo Calenda dandole però una lettura molto particolare. Con l’ormai immancabile tweet il ministro dello Sviluppo ha comunicato urbi et orbi che «anche la Regione Puglia, dopo il Comune di Taranto ha depositato la rinuncia alla richiesta di sospensiva al Tar sul decreto del presidente del Consiglio dei Ministri che contiene il Piano Ambientale per Ilva». Poi ecco la sua lettura della mossa del ’nemico’ Michele Emiliano: «E’ un segnale positivo che scongiura il rischio spegnimento il 9. Ora lavoriamo insieme per il ritiro del ricorso».
In realtà Emiliano aveva già garantito ripetutamente di ritirare la sospensiva ed era stato lo stesso Calenda a dire che questo non bastava e che sarebbe servito ritirare l’intero ricorso per non portare allo spegnimento dell’acciaieria di Taranto. La reazione «buonista» di Calenda dunque pare più un cogliere l’opportunità di uscire dal cul-de-sac in cui si era cacciato con una sparata esagerata e illogica: senza la «sospensiva» il 9 gennaio alla prima udienza del Tar della Puglia nulla poteva succedere, i tempi della partita Ilva sono molto più lunghi e arriveranno direttamente a marzo quando lo stesso Calenda rischia di non essere più ministro.
Su questo punta la strategia anche un po’ cinica di Emiliano che ieri ha avuto buon gioco a farsi beffe del ’nemico’. «Il Natale ha fatto bene a Calenda che, dopo aver fatto saltare la riunione del 20 dicembre, adesso ha espresso il desiderio di lavorare con la Regione Puglia e il Comune di Taranto», afferma in una nota il presidente della Regione Puglia. «Ricordo infatti – aggiunge Emiliano – che prima di iniziare la riunione del Tavolo Ilva lo scorso 20 dicembre, la Regione Puglia e il Comune di Taranto avevano chiaramente dichiarato, ribadendolo poi nel corso dell’incontro, l’intenzione di rinunciare alla richiesta cautelare, attesa la convocazione del tavolo e l’inizio dei lavori. Ciononostante – conclude – il ministro Calenda in quella occasione si alzò bruscamente dal tavolo e andò via. Prendiamo atto che oggi ha cambiato idea ed è pronto a lavorare con Regione e Comune. E questa è una buona notizia».
Per avvicinare ulteriormente le parti l’ultima mossa di Calenda è stata mettere sul piatto l’offerta di «un accordo di programma» che preveda passi avanti ulteriori rispetto alle posizioni attuali. Michele Emiliano e il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci continuano a chiedere di modificare il Dpcm di settembre, il governo non ne vuole sapere sostenendo di aver già recepito gran parte delle richieste (anticipazione della copertura dei parchi minerari, introduzione della Valutazione del danno ambientale) nel piano varato al tavolo con Arcelor Mittal.
Se Calenda sperava quanto meno di rompere il fronte comune degli amministratori pugliesi Pd – in teoria lo stesso partito del ministro – finora ha fallito: questa mattina nella sede della presidenza della Regione Puglia a Bari gli staff tecnici della Regione e del Comune di Taranto si riuniranno per mettere a punto le comuni strategie sulla vicenda Ilva.
Intanto il burrascoso tavolo del 20 dicembre scorso su Taranto ha prodotto comunque un effetto positivo. L’amministrazione straordinaria dell’Ilva ieri ha pagato i debiti esigibili verso i fornitori dell’indotto pugliese, 30 milioni di euro che finalmente arrivano sul territorio. Entro la giornata sono stati pagati tutti i crediti scaduti accumulati fino al 10 dicembre 2017. Una bella notizia per le imprese dell’indotto Ilva.
«La notizia del saldo» fa ben sperare al sindaco di Taranto che «il prossimo incontro con il governo porti alla redazione di un vero e proprio accordo di programma per Taranto e si possano ricercare soluzioni sostenibili anche relativamente ai circa 115 milioni di crediti vantati dall’indotto locale». Ma l’idea di un «accordo di programma» per Taranto sulla scorta dell’accordo di programma su Genova non piace alla Uilm, principale sindacato a Taranto. «Riteniamo sbagliato un accordo di programma simile a quello di Genova fatto da tanti soggetti istituzionali e non, che, a distanza di oltre 12 anni ha lasciato sul campo tutti i problemi» dice Antonio Talò, segretario Uilm di Taranto.
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