Economia

Ilva, Calenda vuole fermare la trattativa

Ilva, Calenda vuole fermare la trattativaOperai dell'Ilva di Taranto

Taranto La dura reazione del ministro alla decisione del governatore pugliese di impugnare il decreto sull'acciaieria. «Chi sogna la gassificazione fugge dalla realtà». La replica: «Noi abbiamo il dovere di tutelare la salute»

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 30 novembre 2017

Da una parte chi sostiene di difendere la salute dei tarantini. Dall’altra chi li accusa di fare demagogia e mettere a rischio 5,3 miliardi di investimenti nel mezzo di una lunga e travagliata trattativa piena di incognite. In mezzo il sindacato che cerca di tenere assieme salute e lavoro. La vicenda Ilva torna da dove era partita ma stavolta propone uno scontro senza precedenti fra istituzioni. L’oggetto del contendere è il decreto governativo sul piano ambientale dello scorso settembre. Sullo sfondo lo scontro è sulla possibile gassificazione dell’acciaieria di Taranto, impossibile per il governo.

Non ha scelto a caso il convegno della Fiom sulla siderurgia Carlo Calenda per annunciare che su Ilva si ferma il confronto a causa del ricorso al Tar di Michele Emiliano. Il ministro dello Sviluppo economico, per la prima volta ospite della Cgil, ha preso la parola appena dopo che Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom, aveva spiegato nella sua relazione che «il presidente della Regione Puglia, nonostante avanzi richieste giuste come l’inserimento del danno ambientale, in modo inopportuno durante la discussione sul piano Arcelor Mittal sta creando un conflitto istituzionale che rischia di bloccare il negoziato».
Calenda sapientemente ha preso la palla al balzo e sparato ad alzo zero nei confronti di Emiliano. «Ilva ha avuto una storia molto travagliata che non ho intenzione di ripercorre – ha esordito . Abbiamo fatto un bando che mette al centro il piano ambientale con una normativa più stringente sul fronte emissivo. Il decreto prevede il blocco a 6 milioni annui di produzione fino alla copertura dei parchi: un pacchetto ambientale senza precedenti che si basa sulla riqualificazione, non sulla chiusura come successo a Bagnoli».

Ma il vero bersaglio dell’invettiva – talmente eccessiva da essere sembrata a molti presenti una mossa propagandistica – è l’idea di Emiliano di gassificare l’Ilva di Taranto. «Questa vicenda non può diventare una favola: la decarbonizzazione è una fuga dalla realtà. Non esiste la possibilità di farlo in un impianto così grande, servirebbe un prezzo del gas più basso del 30 per cento – ha attaccato Calenda . A chi apre la bocca e dà voce a cose che non esistono ricordo che in ballo ci sono 5,3 miliardi di euro. La battaglia sulla gassificazione è combattuta in modo ideologico sulle spalle dell’ambiente e dei lavoratori». Infine l’annuncio: «Si è deciso di impugnare il decreto con un ricorso. Se il Tar di Lecce lo accoglierà, i commissari devono iniziare lo spegnimento dell’Ilva. Se fossi l’investitore francamente inizierei a considerare l’idea di andarmene. Su Ilva si ferma il processo di confronto».

Calenda dimentica che il ricorso è firmato anche dal sindaco Pd appena eletto di Taranto Rinaldo Melucci – che ieri ha confermato di volerlo portare avanti. E che le contestazioni sono altre: il Dpcm allunga la durata degli interventi dal 2021 al 2023, non prevede il danno ambientale. Mentre la presidente di Legambiente Rossella Muroni stigmatizza l’invito di Calenda: «Brutto sentir dire da un ministro “abbiamo bisogno di voi per fare pressione contro chi difende l’ambiente”». La Fiom e la Cgil cercano di mediare. Subito Francesca Re David dichiara: “In questo momento serve senso di responsabilità da parte di tutti», poi Maurizio Landini a nome della Cgil chiede ad Emiliano «una sospensione della scelta del ricorso» e a Calenda «di continuare il confronto con tutti gli attori istituzionali».

La risposta di Emiliano è arrivata dopo una lunga giornata di contatti febbrili. Ed è improntata ad abbassare i toni senza però cambiare posizione. «Invito tutti alla calma» e a «non creare panico inutile», «non è successo nulla di particolare», perché «mi sembra strano che la nostra impugnativa possa avere effetti diversi da tutte le altre che si fanno tutti i giorni. Se, come noi riteniamo, il Dpcm in questione non tutela la salute dei nostri cittadini, abbiamo il diritto e il dovere d’impugnare quell’atto, perché il mandato elettorale che mi è stato conferito è a tutela della salute. Se c’è qualcuno che è convinto che la decarbonizzazione non esiste, si sbaglia, perché evidentemente non ha letto la proposta fatta nella gara dall’altra cordata», quella guidata dagli indiani di Jindal risultata poi perdente. «Invito poi anche il sindacato a non farsi trascinare in questa polemica. Capisco che il ricatto occupazionale sia pesantissimo, ma se è vero che esiste il rischio che qualcuno rimanga disoccupato non dipende certamente dall’impugnativa del decreto», conclude Emiliano.

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