Ilva, Aferpi e governo di disastro in disastro
Acciaio spezzato Con le scuole chiuse nel quartiere Tamburi per l'inquinamento, anche da Bruxelles guai per la cordata Am InvestCo: Marcegaglia di troppo, e Magona di Piombino da cedere per Arcelor Mittal. Mentre in Toscana si va alle (lunghe) carte bollate fra ministero e Cevital, con le Acciaierie ormai archeologia industriale.
Acciaio spezzato Con le scuole chiuse nel quartiere Tamburi per l'inquinamento, anche da Bruxelles guai per la cordata Am InvestCo: Marcegaglia di troppo, e Magona di Piombino da cedere per Arcelor Mittal. Mentre in Toscana si va alle (lunghe) carte bollate fra ministero e Cevital, con le Acciaierie ormai archeologia industriale.
Il vicolo cieco in cui si sono infilati gli ultimi governi italiani nel comparto dell’acciaio trova ogni giorno nuove conferme. Mentre a Taranto, nella giornata internazionale dei diritti dell’infanzia, nel quartiere Tamburi le scuole sono rimaste chiuse a causa del vento da nord-ovest che riversa nell’area le polveri cancerogene provenienti dai parchi minerali a cielo aperto dell’Ilva, da Bruxelles via agenzia di stampa rimbalza la notizia che l’antitrust Ue pone come condizione, per la cessione dello stabilimento siderurgico pugliese, l’uscita del gruppo siderurgico Marcegaglia – primo in Italia per fatturato – dal consorzio Am InvestCo.
Non è finita: visto che di Am InvestCo il socio principale è il colosso franco indiano Arcelor Mittal, detentore di quasi il 40% del mercato continentale, la Ue chiede a quest’ultimo la cessione dell’impianto di Piombino. Che è l’unico rimasto funzionante nella città toscana, dove le grandi Acciaierie sono ferme perché il commissario governativo ha chiuso tre anni fa l’altoforno, e dove la Cevital di Issad Rebrab, che ieri ha incontrato senza risultati il ministro Calenda, è pronta a un lungo contenzioso legale, con l’obiettivo di riprendersi i 120 milioni investiti in Toscana e solo dopo cedere il passo a nuovi, possibili ma non certi, nuovi investitori.
Il desolante scenario italiano, in un panorama generale che vede l’effervescenza di un comparto strategico globale come quello dell’acciaio, legato a doppio filo alle aspettative di crescita e al pur tardivo avvio di una strategia Ue di difesa – leggi dazi – della produzione continentale, era peraltro ampiamente prevedibile. “Meno male che esiste l’Europa e da ambientalisti ne siamo soddisfatti – annota ad esempio il verde Angelo Bonelli – perché nella vicenda Ilva avevamo detto e scritto che l’acquisizione da parte di Arcelor Mittal e di Marcegaglia violava la direttiva europea antitrust, e le norme ambientali a garanzia della salute”.
Su quest’ultimo, delicatissimo punto, Bonelli non teme smentite: “Sono cinque anni che i cittadini attendono interventi per eliminare l’inquinamento, e ora con il Piano ambientale di Arcelor Mittal si chiede di aspettare altri cinque anni, con tutti i danni che ne conseguiranno. Per giunta al management che vuole acquistare l’Ilva è stata garantita l’immunità penale, in caso di violazione della legislazione ambientale e sanitaria”.
Quanto all’indagine dell’antitrust Ue, che si chiuderà a marzo 2018, il cuore del problema riguarda l’offerta combinata di Arcelor Mittal e di Ilva di una serie di prodotti piani di acciaio al carbonio. La concentrazione – e il conseguente “cartello” dei prezzi – di una produzione del genere, destinata a numerosi clienti, molti dei quali pmi di settori che vanno dall’edilizia all’industria automobilistica, alla produzione di elettrodomestici o di tubature, che subiscono la concorrenza dei prodotti importati in Europa, o esportano i loro prodotti al di fuori del continente e sono esposte alla concorrenza mondiale, può quindi comportare per l’Ue una patologica posizione dominante. Quanto invece al piano di bonifica presentato da Am InvestCo, anche per Bruxelles i tempi di realizzazione sono considerati troppo lunghi per porre fine a una situazione considerata assai critica.
Infine Piombino, dove le notizie indicano che si va alle carte bollate. “Ho dato mandato di partire con l’azione legale”, ha fatto sapere il ministro Calenda ai lavoratori di Aferpi in presidio sotto la sede del Mise. Il commissario straordinario Piero Nardi, lo stesso che chiuse l’altoforno, ha quindi contestato alle società Aferpi e Cevital l’inadempimento degli obblighi produttivi contrattualmente assunti. Ma i tempi della rescissione, va da sé, non saranno brevi. E gli ammortizzatori sociali per il vasto indotto ex Lucchini sono scaduti o in scadenza. Insomma un disastro dopo l’altro.
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