In un anno i ricchi guadagnano quanto i più poveri in tre secoli
Organizzazione internazionale del lavoro Una ricerca dell’Ilo sui lavoratori: i salari ultra bassi non bastano per sopravvivere
Organizzazione internazionale del lavoro Una ricerca dell’Ilo sui lavoratori: i salari ultra bassi non bastano per sopravvivere
La maggior parte della forza lavoro globale sopporta salari bassi e le occupazioni dove è impiegata non bastano per sopravvivere. Il 10 per cento dei lavoratori più poveri dovrebbe lavorare per più di tre secoli per guadagnare lo stesso reddito del 10 per cento che guadagna di più. Lo sostiene la ricerca dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) intitolata «The global labour income share and distribution» che analizza la più grande raccolta mondiale di dati armonizzati per l’indagine sulla forza lavoro in 189 paesi.
TRA IL 2004 E IL 2017 il reddito della cosiddetta «classe media» è diminuita, mentre è aumentato il salario della parte meglio retribuita dei lavoratori collocati nella parte alta della gerarchia sociale e produttiva. L’immagine scelta per rappresentare l’evoluzione della distribuzione del reddito da lavoro è un «bastone da hockey»: i redditi della classe media e medio-bassa – con queste nozioni di solito si allude a coloro che per vivere devono lavorare, indipendentemente dalle classi e dai ceti di riferimento – si assottigliano mentre si allargano i guadagni di chi è collocato in corrispondenza del termine del bastone chiamato «spatola» o «paletta». Questo significa che la quota destinata alla classe media (il 60 per cento medio dei lavoratori) è diminuita tra il 2004 e il 2017, passando dal 44,8 per cento al 43 per cento. Allo stesso tempo, la quota guadagnata dal 20 per cento dei lavoratori più pagati è aumentata, passando dal 51,3 per cento al 53,5 per cento. Su scala mondiale la disuguaglianza globale del reddito da lavoro è diminuita dal 2004. Ciò non è dovuto a una maggiore giustizia sociale. A livello nazionale, infatti, le disuguaglianze salariali sono aumentate. Questo calo è dovuto all’aumento della prosperità nelle grandi economie emergenti: Cina e India. Nel complesso, invece, la disuguaglianza di reddito rimane pervasiva nel mondo del lavoro. La ricerca conferma che l’Italia è uno dei paesi dove gli alti salari sono aumentati di almeno un punto percentuale insieme a Germania, Indonesia, Pakistan, Regno Unito e Stati Uniti, mentre tutti gli altri continuano a diminuire. I paesi più poveri tendono invece ad avere livelli molto più elevati di disuguaglianza retributiva, elemento che aggrava le difficoltà delle popolazioni vulnerabili. Nell’Africa subsahariana, ad esempio, il 50 per cento dei lavoratori guadagna solo il 3,3 per cento del reddito da lavoro, rispetto all’Unione Europea, dove lo stesso gruppo riceve il 22,9 per cento del reddito totale pagato ai lavoratori. «La maggior parte della forza lavoro globale sopporta salari sorprendentemente bassi e per molti avere un lavoro non significa avere abbastanza per vivere – sostiene Roger Gomis, economista del dipartimento di statistica dell’Ilo – La retribuzione media della metà inferiore dei lavoratori del mondo è di appena 198 dollari al mese e il 10 per cento più povero dovrebbe lavorare più di tre secoli per guadagnare la stessa cosa che il 10 per cento più ricco fa in un anno».
«I DATI MOSTRANO che, in termini relativi, gli aumenti dei redditi da lavoro più alti sono accompagnati da perdite per tutti gli altri – ha detto Steven Kapsos, capo dell’unità di produzione e analisi dei dati dell’Ilo- Tuttavia, quando aumenta la quota di reddito da lavoro dei lavoratori a reddito medio o basso, i guadagni tendono ad essere ampiamente distribuiti, a vantaggio di tutti i lavoratori, eccetto per gli alti salari». Questo significa che un aumento generalizzato della parte bassa o mediana della forza lavoro comporterebbe una maggiore redistribuzione della ricchezza prodotta. Ciò non avviene perché la piramide è rovesciata: il progressivo calo del reddito da lavoro comporta un aumento per chi già guadagna di più. È una vecchia legge del capitalismo, sempre più attuale: avrà di più chi ha già di più. Chi ha di meno oggi, ne avrà ancora meno domani.
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