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Illusioni del demonio per notti di tregenda

Illusioni del demonio per notti di tregendaDosso Dossi, «Circe e i suoi amanti», 1525 circa (National Gallery of Art di Washington)

Metamorfosi / 7 Cronaca delle mutazioni magiche «vissute» nell’Antichità e nel Medioevo. In uno dei primi processi per stregoneria, la sentenza accusava Matteuccia da Todi di essersi trasformata in una gatta. Agostino leggeva attentamente Apuleio e ascoltava leggende simili che continuavano a essere presenti nella tradizione nonostante la cristianizzazione.

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 21 agosto 2024

Sant’Agostino conosceva bene l’opera di Apuleio, sebbene il secondo fosse vissuto nel II secolo, il primo a cavallo fra IV e V. Entrambi provenivano dalla stessa regione, la provincia romana dell’Africa proconsolare, e questo qualcosa contava senz’altro. I libri VIII-X del De Civitate Dei sono principalmente dedicati a confutare le teorie sulle potenze demoniache presenti nel De Deo Socratis di Apuleio, mentre nel diciottesimo Agostino discute delle Metamorfosi di Apuleio, chiamandole con il titolo alternativo L’asino d’oro, coniato dallo stesso Agostino e ancora in uso oggi.

IL TEMA PRINCIPALE del commento di Agostino è il rapporto tra i poeti antichi e i loro dèi, che il vescovo di Ippona vedeva come eroi erroneamente venerati quali divinità. Tra questi c’è Diomede, che dopo la distruzione di Troia fu deificato; i suoi compagni vennero trasformati in uccelli che ora vivono nel tempio sull’isola di Diomedea, parte dell’arcipelago delle odierne Tremiti.
Agostino riferisce che Varrone conferma questa storia, citando altre famose metamorfosi, come quelle compiute dalla maga Circe, che trasformò i compagni di Ulisse in bestie, e quella degli Arcadi, che furono trasformati in lupi quando attraversarono a nuoto uno stagno. Astenendosi dal mangiare carne umana per nove anni e tornando allo stagno, avrebbero riacquistare la loro forma umana.

Il cristiano Agostino attribuisce tutti questi fenomeni a illusioni create dai demoni, pur ammettendo che tali credenze erano diffuse e che era comune incontrare persone che avevano sentito queste storie da fonti credibili o le avevano vissute personalmente. Racconta anzi che, in Italia, lui stesso aveva sentito la storia di proprietari di locande che avevano l’abitudine di dare ai viaggiatori un pezzo di formaggio con il quale, grazie all’ausilio delle arti magiche, li trasformavano in bestie da soma, in modo da fargli portare tutto ciò che era necessario, per poi ricondurli alla loro forma umana appena il lavoro fosse finito. Un altro caso di sua conoscenza riguardava un uomo di nome Prestanzo il cui padre aveva ingerito del veleno nascosto in un pezzo di formaggio e giaceva nel suo letto come se stesse dormendo, ma non poteva essere svegliato in alcun modo. Dopo alcuni giorni, finalmente si svegliò e raccontò di aver vissuto delle esperienze come se fossero stati sogni. Disse di essere stato trasformato in un cavallo e di aver trasportato provviste per i soldati di Rezia insieme ad altre bestie da soma. Questi dettagli erano veri: le bestie da soma avevano effettivamente servito nella regione mentre era confinato a letto.

AGOSTINO RICONOSCEVA la somiglianza fra questi racconti e quelli narrati nelle Metamorfosi di Apuleio. Per esempio, nel romanzo Lucio ha una relazione con una serva, Fotis, la cui padrona, Panfile, è una potente maga che attraverso un rituale di trasforma in un gufo. Nella sua «cucina di strega» si trovano aromi, placche di metallo inscritte con caratteri, resti di uccelli del malaugurio, nasi, unghie con la carne ancora attaccata, dita, sangue e teschi rubati ai cadaveri. Dopo aver spiato la metamorfosi di Panfile, Lucio vuol fare la stessa cosa, ma Fotis gli consegna l’unguento sbagliato che lo trasforma in asino, con le conseguenti vicissitudini. Non è la sola storia di metamorfosi narrata nel romanzo. Ricordiamo l’episodio di Telifrone, chiamato a guardare una salma di notte in attesa dei funerali, ma sprofondato in un sonno magico dalle «malvage mutaforma» («deterrimae versipelles») che possono trasformarsi in qualsiasi cosa, da uccelli a cani a topi e persino mosche, per poi penetrare attraverso porte e finestre sprangate. Attraverso un buco, raggiungono il volto di Telifrone, tagliandogli il naso e le orecchie e sostituendoli con dei falsi di cera, perfettamente aderenti ai suoi lineamenti.

Naturalmente, Apuleio rielaborava con la sua creatività storie di metamorfosi che circolavano al suo tempo; a sua volta, Agostino leggeva Apuleio e ascoltava leggende simili che continuavano a essere presenti nel folklore nonostante la cristianizzazione. Per il vescovo cristiano, la realtà di queste credenze era discutibile, ma solo nel senso che i demoni possono illudere gli esseri umani e portarli a credere di essersi mutati in altro; non solo l’anima ma neanche il corpo possono essere trasformati poiché sono creati dal Dio vero.

ALLA FINE DEL MEDIOEVO, la costruzione della figura della strega attinge ai modelli del passato, integrati all’interno della predicazione e dei trattati. Ci sarebbero donne in combutta con il demonio che compiono riti con pezzi di cadaveri, che succhiano il sangue dei bambini nelle culle, che si trasformano in animali.
Certamente, la crisi di quei secoli, percorsi da tensioni religiose, da ondate ricorrenti di pestilenza, in certe regioni da conflitti politici e militari, serve quale sfondo per comprendere il crescere di ansie sociali e la ricerca di capri espiatori. L’apprezzamento della cultura classica che fioriva nell’Italia umanistica e rinascimentale, tuttavia, sembrava incrementare e dare un fondamento nuovo a memorie che persistevano nella cultura popolare. Gli scritti degli antichi, insomma, fungevano ormai da modello non solo letterario, ma anche quale paradigma per la comprensione della realtà coeva.

Vero è che buona parte della demonologia corrente restava saldamente ancorata alla lezione agostiniana: si tratta di illusioni del demonio. Ma uscendo dall’ambito colto, sia fra i chierici, sia soprattutto fra i laici, molti ritenevano che la metamorfosi delle streghe fosse reale, al pari del volo al sabba; sebbene questo nome si diffonderà in Italia soprattutto dal Cinquecento, provenendo da Svizzera e Francia: inizialmente le fonti italiane parlano di «gioco», di «corso», di «tregenda», di «stregatum».
In uno fra i primi processi per stregoneria italiani, quello celebrato contro Matteuccia da Todi nel 1428, la sentenza afferma che la donna si sarebbe trasformata in gatta, volando poi sopra un caprone a incontrare il diavolo.

POCHI DECENNI PIÙ TARDI, il giurista e umanista senese Mariano Sozzini il Vecchio, che fu amico di Enea Silvio Piccolomini, narrava una storia sentita, a suo dire, da un popolano, tale Nanni. Questi gli aveva parlato di una anziana strega che si spogliava nuda nella sua stanza, lasciava liberi i capelli, apriva tutte le finestre mormorando misteriose parole. Poi prendeva un barattolo contenente un unguento e si strofinava, ripetendo la frase: «sopra aqua et sopra vento menami a la noce di Benevento», trasformandosi in capra e volando via. Nanni racconta come, avendo assistito alla scena, anche lui si era spalmato e, trasformato a sua volta in capra, era volato verso Piazza del Campo.
Evidentemente credenze popolari e tradizioni letterarie (il passo riprende la trasformazione di Panfile e quella successiva di Lucio) si mescolavano in modo che potrebbe sembrarci intrigante e divertente, se non fosse per il fatto che anche con questi materiali narrativi fu costruita la caccia alle streghe.

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