Le politiche sociali offrono l’opportunità di svelare tutte le falsità nascoste nella retorica della crisi. Scelte ideologiche, e non economiche, stanno spostando il focus del welfare dai diritti alla carità. Due giorni a Napoli, ieri e venerdì, dedicati a ragionare su “Che fare? Gli operatori sociali dentro la crisi”, un incontro promosso da Goffredo Fofi, dal centro territoriale di Scampia Mammuth e dalle riviste Gli Asini e Lo Straniero. «I tagli al terzo settore – spiega Giulio Marcon, responsabile Edizioni dell’Asino – sono funzionali a un “universalismo selettivo”, come lo ha definito l’ex ministro Sacconi, che affida il welfare alle famiglie e alla generosità». Sostanzialmente lasciare il mercato aperto ai privati per chi può acquistare i servizi, per gli altri ci sono la Chiesa e le Fondazioni, quando ci sono. Per chi resta fuori c’è sempre la repressione.
Una politica che non solo terremota la tenuta sociale ma dissangua le casse pubbliche. Racconta Marina Galati di Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme: «In Calabria ci sono liste di attesa lunghissime per i bambini con disabilità. Però è possibile curarsi subito in altre aree del paese, cosa che costa alle casse regionali quattro volte di più». L’effetto finale è la dealfabetizzazione dei diritti: «Molti semplicemente smettono di lottare e finiscono nella zona grigia di protezione dei clan. Certo, ci sono anche nuovi modelli mutualistici, come in Sicilia dove 60 piccoli agricoltori si fanno carico di cittadini disabili e le famiglie organizzano le reti di vendita dei prodotti».
Le bugie aumentano quando si tocca il tema delle carceri: «Nel 2006 – racconta Alessio Scandurra di Antigone – in prigione c’erano 61.200 reclusi, la situazione era talmente grave che ci fu l’indulto. Nel 2009 i reclusi erano quasi 65 mila, oggi quasi 66 mila. La Ue ci sanziona per violazione dei diritti umani, eppure ci teniamo leggi criminogene come la Bossi-Fini o la Fini-Giovanardi». Due dati spiegano gli effetti dell’ideologia repressiva: «Le pene alternative costano allo stato nell’ordine delle decine d’euro al giorno per condannato, la detenzione nell’ordine delle centinaia, la recidiva nel primo caso è del 20%, nel secondo del 70%». Allora cos’è che governa la spesa? Lo spiega Dario Stefano Dell’Aquila: «L’Italia stanzia 4 euro a testa per le politiche sociali, nel 2012 erano 0,70 centesimi. In tempi di vacche grasse siamo arrivati a 11 euro. Quello che importa è che chi è nel sistema sia profittevole, resti in un percorso che generi introiti e non che lo porti verso la libertà».
La retorica della crisi e dei giovani, quella che ci svela il sociologo Stefano Laffi: «La disoccupazione non è un accidente ma un percorso a cui si viene avviati dalla nascita, che serve a depotenziare e sterilizzare. Chi riesce ad accedere alle istituzioni o alla politica sarà in grado di fare solo rappresentanza». La retorica sulle donne, che spiega Linda Laura Sabbadini: «Al sud lavora solo il 20%. Se i dati raccontano di un aumento dell’occupazione è solo perché si è allungata l’età pensionabile». Lo Stato come gestore privato della cosa pubblica, secondo la definizione dello scrittore Maurizio Braucci, a furia di tagli distrugge persino le esperienze positive. Il Mammuth è uno dei più attivi centri di aggregazione del quartiere Scampia, fa supporto alla didattica per i ragazzi delle scuole, corsi di italiano per migranti, nato nel 2007, ma da due anni non ha più finanziamenti: «Il sistema funziona con le Ong e con l’apparato pubblico che spesso è inefficiente – spiega Giovanni Zoppoli – Al territorio e all’impresa sociale arrivano gli spiccioli. È evidente che dovremo smettere, come già hanno fatto in molti. Ma le esigenze di Scampia non spariscono con noi».
A Guglielmo Ragozzino, firma storica de il manifesto e animatore di Sbilanciamoci, l’onore di tirare le somme sull’impatto dei tagli: «L’80% dei comuni italiani è stato fondato prima dell’anno mille, nei prossimi anni avremo 600mila ettari di città in più, in un paese che nel 2012 ha investito lo 0,19% del Pil nei Beni culturali, che ha 57 aree industriali gravemente inquinate. Certo non stiamo sprofondando, ma rischia di diventare troppo tardi per rimediare a tutto questo».
Il welfare fai-da-te all’italiana
Napoli. Operatori sociali a confronto, tra pubblico e profitti privati
Napoli. Operatori sociali a confronto, tra pubblico e profitti privati
Pubblicato 10 anni faEdizione del 12 maggio 2013
Adriana Pollice, NAPOLI
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