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«Il vostro muro, peggio di quello di Berlino»

«Il vostro muro, peggio di quello di Berlino»

Palestina Fanno discutere le accuse di Roger Waters, autore di «The Wall», alle politiche di Israele. Dura intervista dell’ex Pink Floyd a un giornale israeliano: «Nei Territori occupati vige l’apartheid»

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 1 ottobre 2013
Michele GiorgioGERUSALEMME

Roger Waters incarna il rock degli anni ’60 e ’70, quando la musica non era solo svago e divertimento ma anche impegno, ad ogni livello. Un’epoca in cui The Wall non poteva essere soltanto un cartoon musicale ma doveva rappresentare un manifesto politico e sociale. Non sorprende perciò che, lasciati i (grandissimi) Pink Floyd, Waters abbia continuato ad abbinare alla sua carriera di musicista un forte impegno a favore della giustizia, dei diritti dei popoli. E non poteva rimanere lontano dal conflitto israelo-palestinese. Chi ha scritto The Wall non può ignorare un altro «wall», il muro costruito da Israele in Cisgiordania.
Negli ultimi 10-12 anni è progressivamente cresciuto l’impegno di Roger Waters, ormai 70enne, a sostegno dei diritti dei palestinesi. Di pari passo è salito il livello della sua condanna delle politiche israeliane nei Territori occupati. Si è anche schierato apertamente per l’adozione di forme di boicottaggio di Israele suscitando l’ira dei suoi fan nello Stato ebraico. In questi giorni continua a far notizia, soprattutto in rete, l’intervista che il musicista ha dato al quotidiano di Tel Aviv Yediot Ahronot, pubblicata lo scorso 18 settembre. L’ex Pink Floyd difende l’uso che fa del termine apartheid per descrivere l’occupazione militare dei territori palestinesi e definisce il muro di separazione israeliano più raccapricciante del muro di Berlino.
Al giornalista che gli rimprovera di aver offeso i suoi fan locali rifiutandosi di tenere concerti in Israele, Waters risponde: «Vorrei che i fan capissero che non parlo per fare critiche generali fini a sé stesse. La mia è una critica diretta alla politica del governo di Israele, non ai suoi cittadini… Sono stato nel vostro paese, ho viaggiato per la Cisgiordania, ho visitato Jenin. Ho visto i checkpoint, le colonie, le forze di occupazione. E ho deciso di prendere una posizione di protesta su questo. Come (i fan israeliani, ndr) si aspettino che io protesti? Incatenandomi ai cancelli di Buckingham Palace? Non penso sarebbe particolarmente efficace».
Al suo intervistatore che lo esorta a non mettere sullo stesso piano l’apartheid sudafricano con l’occupazione dei Territori palestinesi, il musicista replica che «nei Territori occupati, gli ebrei sono giudicati mediante il codice civile, mentre palestinesi e arabi sono sottoposti alla legge militare. Esattamente come le vecchie Pass Laws che erano presenti in Sud Africa». E aggiunge: «Questo si chiama apartheid! È chiaro ed evidente, non si può negare… Quando una razza o un gruppo etnico controlla gli altri mediante la sua forza, questo è il crimine di apartheid e questo è lo status quo imposto quotidianamente nei Territori Occupati… E sono pronto a ripeterlo centinaia di volta. Il premier Netanyahu può anche negarlo fino alla fine dei suoi giorni, ma è evidente. Mi spiace che alcuni dei miei fan in Israele siano sensibili a queste dichiarazioni, ma questi sono i fatti».
Il giornalista insiste sulla non annessione dei Territori occupati da parte di Israele. Waters risponde che «se guardi la mappa e fai attenzione a dove le colonie sono situate e dove viene fatto passare il muro di separazione, vedrai che la situazione non è qualcosa di temporaneo. È un deliberato tentativo di annettere l’intero territorio. Israele peraltro ha già annesso Gerusalemme Est e le Alture del Golan. Ufficialmente, non de facto». E quando gli viene rimproverato che sta guardando la situazione in bianco e nero, senza incolpare in alcun modo i palestinesi, l’ex Pink Floyd replica: «Penso che dare anche solo parte della colpa ai palestinesi sia come biasimare una donna stuprata per quello che le è successo. La vittima non può essere colpevole. In questo caso, i palestinesi sono stati espulsi con la forza armata dalla loro terra nel 1948 e non è mai stato concesso loro di poter tornare alle proprie case. Loro sono vittime. Ed è inevitabile che alcuni di loro provino a resistere in modi che non condivido».
Non poteva mancare per l’autore di The Wall una domanda sul muro. Questo non è un muro dell’apartheid, afferma il giornalista di Yediot Ahronot, è una barriera di separazione costruita dopo una serie di attacchi suicidi. «Ascolta pure la posizione ufficiale di tutti gli ultimi governi israeliani, che quella barriera è costruita per difendervi – risponde Waters – ma se guardi la mappa capisci che in realtà è costruita per rubare la terra e annettere quanto più territorio possibile… Perché fate finta che quel muro abbia una qualsiasi relazione con motivi di sicurezza?». «…Il vostro muro – conclude Waters – è cento volte più raccapricciante del muro di Berlino, il vostro viene mantenuto in piedi, l’altro è stato distrutto molto tempo fa».

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