Il viaggio di «Suzumi» alla scoperta di sé
Maboroshi Ancora al primo posto del botteghino, è probabilmente destinato a diventare il film giapponese dell'anno
Maboroshi Ancora al primo posto del botteghino, è probabilmente destinato a diventare il film giapponese dell'anno
Ancora al primo posto al botteghino giapponese dopo tre weekend dalla sua uscita nelle sale, Suzume è probabilmente destinato a diventare il film giapponese dell’anno, almeno per quanto riguarda gli incassi. L’ultima creazione di Makoto Shinkai sta infatti mantenendo le promesse e le aspettative che ne avevano accompagnato il lancio. Dopo lo stratosferico successo di Your Name nel 2016, film che aveva decretato l’ascesa presso il pubblico generalista del giovane animatore e regista, e dopo il discreto ma non riuscitissimo Weathering With You di tre anni successivo, con Suzume (Suzume no tojimari) Shinkai sembra aver raggiunto, pur rimanendo fedele al suo stile e ai temi che spesso ha toccato nelle sue opere, un nuovo livello di maturità artistica.
La protagonista, Suzume, è una giovane studentessa che un giorno incontra Sota, un ragazzo più grande di lei alla ricerca di rovine abbandonate. Qui il ragazzo punta e trova una porta che si apre su un mondo altro e che va tenuta chiusa a tutti i costi, altrimenti si tocca e modifica l’equilibrio che esiste fra i due mondi. Suzume e Sota, che è stato nel frattempo trasformato in qualcosa di comicamente inanimato, cominciano una serie di avventure alla ricerca di altre porte magiche e all’inseguimento di uno strano gattino, che li portano dalla prefettura di Miyazaki, nel sud del Giappone, fino alla capitale.
SE TECNICAMENTE ed esteticamente il film si inserisce perfettamente come terzo tassello della trilogia cominciata con Your Name e continuata appunto con Weathering With You, tematicamente Suzume ricorda in parte anche Viaggio verso Agartha che Shinkai realizzò nel 2011. Il lungometraggio dovrebbe arrivare in Italia nel 2023, quindi non riveleremo troppo della trama, ma uno dei punti più interessanti dell’intero lavoro è che Shinkai abbia affrontato un tema importante per l’arcipelago nipponico in modo maturo e complesso, ed è forse questo uno dei pregi maggiori di Suzume. Il film ha alcune parti davvero esilaranti, specialmente nella sua prima parte quando la diciassettenne viaggia dalla sua casa, dove vive con la zia, fino a Tokyo. Un viaggio che è tanto fisico quanto di crescita e scoperta, e che le permette di incontrare alcuni personaggi, una coetanea, una barista, molto reali gioiosi e divertenti.
Il concetto principale attorno al quale ruota la storia è però serio, una profonda riflessione sulla perdita, sulla morte e su come cercare di affrontarle, il tutto filtrato da alcune idee tratte dalla mitologia shintoista, come quelli dell’utsushiyo e del kakuriyo, rielaborati ovviamente dall’autore, forse la parte meno riuscita del film, ma anche da avvenimenti che hanno colpito l’arcipelago nella sua storia recente.
L’animazione è sorprendente per resa quasi iperrealista, anche se alcune parti realizzate in CGI ci sono sembrate non in sintonia con il resto del lungometraggio.
LA MUSICA finalmente non è invadente come accadeva in molti dei lavori passati di Shinkai, al contrario la voce femminile di Toaka, che interpreta uno dei brani più significativi del lavoro, scandisce perfettamente i momenti più drammatici nel film. Inoltre a comporre le musiche con i RADWIMPS, collaboratori storici di Shinkai, c’è Kazuma Jinnoucha che porta la sua esperienza e diversifica in meglio le melodie del gruppo.
L’animazione è sorprendente per resa quasi iperrealista, anche se alcune parti realizzate in CGI ci sono sembrate non in sintonia con il resto del lungometraggio. Come si diceva, gli altri personaggi secondari incontrati da Suzume durante il suo viaggio sono molto ben realizzati, ma è il complesso rapporto con la zia, che è colei che ha cresciuto Suzume in assenza della madre, che eleva il film, specialmente nel finale.
matteo.boscarol@gmail.com
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