Dentro un vicolo quattro ragazzi portano in spalla la statua di una Madonna Addolorata dai tratti carnali, vestita in abiti barocchi. Si muovono lenti, nella luce gialla di maggio, sulle note di una piccola street band, seguiti da uno stuolo colorato di curiosi, devoti, artisti. Il regista di questa processione sacro-profana è Ciretta, femminella napoletana che sembra uscita da un testo di Enzo Moscato. Ha vent’anni, un passato pesante alle spalle, e una voce soave e melodiosa con cui intona canzoni in una lingua napoletana antica, versi di litanie e preghiere che provengono da un altrove mistico.

Caroline Vonn Der Tann

È LUI IL PERSONAGGIO principale de Il vangelo secondo Ciretta, documentario gioiellino firmato da Caroline Vonn Der Tann e prodotto da Antonella Di Nocera/ Parallelo 41 che dopo il Thessaloniki Film Festival approderà al Cracow Film Festival e in seguito al Biografilm di Bologna. Ciretta vive nel «Teatrino di Perzechella», antro magico alle spalle di piazza del Gesu, assieme ad Angelo, un senzatetto filosofo dagli occhi del colore del mare. Sono stati accolti da Pina Andelora detta «Perzechella» e Angelo Picone aka «Il Capitano», artisti napoletani che nei mesi più duri della pandemia hanno inventato il «panaro solidale» e messo a disposizione il loro spazio a chi non aveva più un posto dove dormire e mangiare, fino a quando i proprietari dello stabile non hanno deciso di sfrattarli per trasformarlo in un ennesimo b&b. Attorno a questa vicenda e a quella di Ciretta – figura dai tratti pasoliniani, come direbbe Leonardo Di Costanzo la realtà è meglio di qualsiasi sceneggiatura – si estende un mondo boccaccesco di vicoli brulicanti di vita, botteghe dell’arte, artisti di strada, venditori ambulanti, personaggi iconici e una rete di piccole comunità urbane che portano avanti pratiche collettive di auto-organizzazione e mutuo soccorso.

«Napoli è stata molto gentile con me. Non volevo fare il solito racconto “pizza e mandolino” o l’ennesima versione di Gomorra. Ci sono tanti aspetti su cui soffermarsi di Napoli, penso alla sua immensa qualità poetica, a questo incredibile palcoscenico umano dove ogni giorno esci di casa e succede qualcosa. All’inizio volevo raccontare il panaro solidale del Capitano e Perzechella, gesto di solidarietà di una Napoli antica, dell’arte di arrangiarsi insieme», dice Caroline Vonn Der Tann, regista laureata in Soviet Studies, nata a Monaco di Baviera, naturalizzata nella città di Partenope, dove vive da circa dieci anni, osservandola dall’interno. Nel ’22 ha firmato anche un documentario per la tv tedesca sulle concessioni balneari e la lotta dei comitati napoletani per il «mare libero».

«ALLA FINE Ciro è diventato il personaggio centrale. Ha un talento straordinario, una voce incredibile che ti tira dentro, ma c’è di più. È l’emblema di una città contraddittoria che non risponde a nessuna logica, cielo e inferno insieme. Anche lui è in lotta permanente con i suoi abissi personali: povero, molto creativo, anarchico». Il documentario si avvale del sapiente montaggio di Simona Infante: da oltre duecento ore di girato ha estratto la bellezza irripetibile di un centro antico che, tra un lockdown e l’altro, aveva riacquistato la sua identità di piccolo borgo dalla forte identità, dove tutti per strada si riconoscono. Ciretta, moderna taumaturga, puttana santa del vicolo, col suo umanissimo vangelo di storie di vita porta con sé l’anima di un pezzo di città che oggi, a tre anni dalle riprese, è praticamente scomparso, trasformato in un parco giochi a uso e consumo di turisti cavallette, in balia della speculazione edilizia.

Caroline Vonn Der Tann
Ho assistito a una trasformazione che va molto oltre la turistificazione. Ci sono spazi di vita, personaggi che non esistono più Questo inabissarsi, questo dissolversi senza scampo né memoria, è il tema più urgente che emerge da questo lavoro prezioso, primo documentario che dà conto della tragedia che si sta consumando nel centro storico di Napoli a cui l’invasione di massa sta cambiando i connotati. «Abitandoci, ho assistito a una trasformazione che va molto oltre la turistificazione. Ci sono spazi di vita, personaggi che non esistono più. Non ho nulla contro il turismo, può essere una risorsa ma va gestito: è una decisione politica. C’è sempre qualcuno che paga le conseguenze della libertà d’impresa: sono i più deboli. Non mettere alcuna regola significa l’esclusione totale della popolazione originaria. Il centro storico è patrimonio Unesco che non tutela solo gli edifici ma anche gli abitanti, i loro modi di vivere».

SE NAPOLI è rito, Ciretta è Napoli. Lo seguiamo nelle sue peregrinazioni quotidiane, tra una posteggia, l’allestimento meticoloso di statue votive, un pasto condiviso con la sua famiglia allargata del vicolo, fino a quando sul teatrino di Perzechella cala l’ultimo sipario. Qualcuno in città ricorderà il funerale che gli fu organizzato, scena amara con cui si è scelto di chiudere il film: una piccola festa di strada dove in tanti, tra cittadini, artisti, attivisti, si ritrovarono a scongiurare il terribile disastro che da lì a poco avrebbe investito tutto il centro antico di Napoli. I volti dei protagonisti di questa storia sulle note di un’orchestra improvvisata per l’occasione ci rimangono dentro come le immagini di un quadro di Caravaggio. Crocicchio di resistenza, bellezza che non si addomestica. Davide contro Golia.