Lavoro

Il tumore non è uguale per tutti, la lotta per i diritti di Daniela Fregosi

Il tumore non è uguale per tutti, la lotta per i diritti di Daniela FregosiDaniela Frugosi sostiene la petizione "Diritti ed assistenza ai lavoratori autonomi che si ammalano" su change.org

Lavoro autonomo La storia della lotta contro il cancro al seno di una partita Iva raccontata su un blog da «Afrodite K»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 19 febbraio 2014

Con l’Inps Daniela Fregosi, lavoratrice autonoma di 46 anni e formatrice da 20, ha dovuto creare una relazione necessariamente complicata. Quando nell’estate del 2013 le è stato diagnosticato un tumore al seno, Daniela ha iniziato la sua lotta personale contro la burocrazia e le ingiustizie del welfare italiano che, a differenza dei lavoratori dipendenti, non riconosce agli autonomi il diritto di curarsi per malattie così gravi.

«La mia vita è esplosa in poche settimane – racconta sul suo blog Afrodite K (tumoreseno.blogspot.it) Un carcinoma infiltrante alla mammella. Il mio corpo che si trasforma, un compagno che sparisce. Il lavoro e il mio conto in banca vanno in tilt». Da qui il titolo del blog, nato nel novembre 2013, che ricorda il robot della serie giapponese Mazinga Z, ben conosciuta da chi ha vissuto l’adolescenza tra gli anni Settanta e Ottanta: «Ecco come sono diventata Afrodite l’eroina dalle tette bioniche – scrive Daniela – che combatte per i diritti delle donne con il tumore al seno. Afrodite, ma non con la «A», con la K, come carcinoma».

I liberi professionisti con la partita Iva non dispongono di «ammortizzatori sociali» in caso di malattie gravi come quella di Daniela. Quando si ammalano, e succede spesso, come per tutti gli esseri umani, «devono essere sempre splendidi, sanissimi, smaglianti, superperformanti, pieni di lavoro e richiestissimi». Se nelle loro parole appare un disagio, o la confessione dell’indicibile, un cancro, devono tenerseli per sè. Per timore di «rovinarsi il mercato», di non ricevere più incarichi o commesse.

Daniela ha invece rovesciato il tavolo, e non ha accettato di restare nell’invisibilità dove gli autonomi a partita Iva, e iscritti alla gestione separata dell’Inps, sono abituati a restare nascosti – per abitudine o per status. Ha iniziato a raccontare il suo «viaggio terrificante» sul blog, descrivendo le giornate nelle file interminabili ai patronati con utenti disorientati in cerca di informazioni. Racconta le attese ai call center dell’Inps dove, come spesso accade ai lavoratori autonomi – documentatissimi e consapevoli dei diritti che mancano – di spiegare ai funzionari dietro il vetro l’ultima circolare del maggio 2013 sui lavoratori autonomi.

Alla fine di questo pellegrinaggio, questo è stato il risultato: «Finalmente ricevo il saldo complessivo delle due indennità di malattia il 20 gennaio 2014 – scrive Daniela – totale giorni indennizzati 61 (è la regola più di 61 in un anno non te ne danno, meno male che il 2013 è finito sennò m’attaccavo). La cifra totale è di 794,46 euro per una media di circa 13 euro al giorno».

Se sei una lavoratrice autonoma in Italia, hai il diritto di essere curata per un cancro solo per 61 giorni e non per tutta la durata della malattia. In più gli autonomi sono costretti a continuare a pagare gli anticipi Inps e quelli Irpef anche se non possono più lavorare. Ma questo non basta perché, viste le file interminabili negli ospedali pubblici, anche l’autonomo sarebbe tentato di rivolgersi ai privati. Oltre al fisco implacabile, allora deve pagare anche queste cure.

Daniela ha reagito e promuove la disobbedienza fiscale per gli autonomi ammalati in cambio del riconoscimento dei diritti. Ha anche lanciato una petizione su change.org che ha raccolto ad oggi 4.055 sostenitori (ne servono altri 10.945 mila). Chiede la revisione delle norme attuali per tutelare almeno le situazioni di malattie adeguatamente documentate e la possibilità di sospendere tutti i pagamenti inps e irpef durante la malattia.

Altro punto della sua battaglia è la richiesta di un indennizzo relativo alla malattia uguale a quello stabilito per la degenza ospedaliera quando ci si deve sottoporre a terapie invasive (chemio, radio). Daniela è una socia dell’associazione dei consulenti del terziario avanzato (Acta) che dal 2004 è impegnata nella battaglia a favore della crescita della coscienza del Quinto Stato tra i lavoratori autonomi.

A partire dai diritti sociali non riconosciuti a chi non ha un contratto da dipendente. Questi lavoratori indipendenti vivono come «cittadini di serie B», cioè come apolidi fuori dalla costituzione che nell’articolo 32 e nel 38 stabilisce il diritto alla cura e all’assistenza universali per tutti, sia per le partite Iva, che per i dipendenti e tutti i precari. Daniela sa che la sua battaglia ha un valore europeo e infatti cita la risoluzione del parlamento europeo del 14 gennaio 2014 che chiede a tutti gli Stati membri di garantire la sicurezza sociale a tutti i lavoratori, dunque anche agli autonomi – oltre il 15% dell’occupazione totale nell’Ue – che per la prima volta vengono riconosciuti come lavoratori in quanto tali.

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