Ricco, ricchissimo, in quella Trieste «porto dell’Impero» che all’inizio dell’Ottocento vide un accumulo di ricchezze impensabile fino a pochi decenni prima e mai eguagliato in seguito, Pasquale Revoltella lasciò un patrimonio fantastico alla città. Tra i primi azionisti delle Assicurazioni Generali, nel consiglio d’amministrazione del Lloyd Austriaco, consigliere comunale e deputato di Borsa, dedicò tempo e diplomazia per la realizzazione del canale di Suez, consapevole della centralità di Trieste nella rete delle relazioni economiche fra l’Europa e il resto del mondo.

Nominato vicepresidente della Compagnia universale del Canale di Suez, l’Austria gli conferì il titolo di barone ma Revoltella non vide il completamento della sua opera: morì l’8 settembre 1869, a poche settimane dall’inaugurazione.

Fu molto generoso con Trieste contribuendo alla costruzione di palazzi, chiese, fabbriche, ospedali, teatri, aiutò letterati, scienziati, pittori e scultori, ebbe parte attivissima come presidente nelle esposizioni annuali della Società di belle arti, fondò con Francesco Gossleth nel 1850 la Scuola Triestina di disegno, lui, amante dell’arte che nel suo palazzo raccoglieva dipinti e sculture provenienti da ogni dove.

Grandi e luminose le stanze del suo palazzo neorinascimentale, opera dell’architetto berlinese Friedrich Hitzig, un bell’edificio affacciato su piazza Venezia (allora piazza Giuseppina) vicino al mare, pieno di storia e di tesori: gli oggetti d’arte, le medaglie, la biblioteca, reperti d’oro, argento, avorio e arte cinese, scialli e tagli di seta, ricami, merletti e i preziosi pizzi di Valenciennes, Chantilly e di Idria. Tutto donato alla città a patto che fosse destinato a esclusivo uso di un Istituto di belle arti per educare giovani artisti e artigiani. Il Consiglio municipale, nella seduta del 23 ottobre 1869, aveva accettato il legato con gli obblighi imposti: un Curatorio che gestisse l’istituto a titolo onorifico e la possibilità per tutti di fruirne gratuitamente.

È nato così il civico museo Revoltella, esattamente 150 anni fa, costretto presto a ingrandirsi con un importante intervento edilizio che, collegando il palazzo del barone ai palazzi adiacenti, permise l’apertura della Galleria d’arte moderna.
Le acquisizioni alle prime Esposizioni internazionali, alla Biennale di Venezia, gli anni difficili durante la lunga ristrutturazione, e gli anni ’90 della ripartenza con importanti mostre di arte contemporanea internazionale (James Rosenquist, Jim Dine, Basquiat, David Byrne), l’exploit del 2002 con cinquantamila visitatori alla mostra di Klimt, Schiele e Kokoschka e ancora le lezioni di Storia dell’arte con Maurizio Lorber, la Scuola di figura condotta per anni da Edoardo Sambo e poi da Nino Perizi (incomprensibilmente chiusa nel 1993)… La storia del museo è stata travagliata ma a lungo vivace e apprezzata.

Oggi il Revoltella condivide il triste destino di tutti i musei di Trieste: un direttore non c’è (bastano i curatori, sostiene il Comune) e resta così senza indirizzo e senza futuro. Le figure di supporto sono prese in appalto e gratificate con stipendi da 5 euro lordi l’ora (per 6/700 euro netti al mese) per coprire qualsiasi necessario servizio con il conseguente corollario di scioperi, cause aperte davanti al giudice del lavoro e un fascicolo alla Corte dei conti. A gestire il tutto la Euro & Promos Fm spa (fondata dall’attuale assessore regionale alle Attività produttive e al turismo Sergio Bini) che dichiara di rispettare esattamente quanto previsto dal capitolato d’appalto.

L’attuale amministrazione comunale non ama la cultura, è indiscutibile: abolita di fatto la figura del direttore dei musei civici (e delle biblioteche!) ha spezzettato le competenze di ambito culturale in tre assessorati diversi accentrandone la gestione amministrativa su un unico dirigente, lo stesso dedicato anche alla promozione turistica e agli eventi culturali e sportivi. L’oscuramento che ne deriva quanto a spazi e quattrini è inevitabile, valorizzazione e programmazione nemmeno immaginabili. Nell’estate scorsa un appello, sottoscritto da centinaia di intellettuali e cittadini aveva esortato il sindaco a «rivedere la decisione di abolire il ruolo di direttore di Musei e Biblioteche di Trieste», ricevendo in risposta un netto rifiuto, sintetizzato dall’indicazione programmatica della Giunta che intende operare con «meno generali e più colonnelli».
Per mantenere una parvenza di attività il Comune ha sottoscritto un contratto con Arthemisia arte e cultura srl così propone mostre preconfezionate, dissemina la città di costosissimi animali di plastica colorata o pubblicizza una incommentabile mostra su Frida Kahlo. Il senso e l’obiettivo dei servizi culturali, secondo l’assessore Giorgio Rossi, è quello di creare «un ritorno economico su scala più ampia». I musei servono soprattutto al turismo, non alla cultura, non a caso è assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo.

A leggere il regolamento del Revoltella, tutt’ora in vigore, si resta stupefatti: non c’è un impegno, una previsione che venga rispettata (e non da oggi). Il Curatorio non ha più alcun ruolo e tanto meno un bilancio, mai completato nelle nomine, mai convocato se non un’unica volta per fare da palcoscenico all’assessore Rossi perché potesse magnificare l’aumento vistoso nel numero dei visitatori a riprova della buona gestione comunale.

Dice la malalingua: visitatori triplicati nell’arco di un paio d’anni? Sarà perché vengono conteggiati anche gli ingressi dei tanti che vanno semplicemente a bersi un aperitivo all’ultimo piano, nella terrazza che guarda il golfo? Anche loro fanno numero e il Comune ringrazia. Non può farlo il generoso barone Revoltella che riposa nel grande sarcofago nero sotto la chiesetta, davanti al laghetto con i pesci rossi e le tartarughe, nel grande parco della sua dimora estiva con quel chalet di caccia che sembra di stare in Svizzera. Revoltella l’ha regalato a tutti ma l’incuria e il degrado la fanno da padrone, anche là. Povero caro vecchio barone!