Il Tribunale boccia il nuovo Pd. Orfini: misura sorpassata
Democrack ROMA Le carte bollate danno ragione al ricorso dei circoli, azzerata la riorganizzazione del commissario. Che non si preoccupa: "Nessun effetto concreto, avevamo già sanato le osservazioni del tribunale". Ma se non cambia nulla ora il rischio è l'annullamento del voto del prossimo congresso della Capitale
Democrack ROMA Le carte bollate danno ragione al ricorso dei circoli, azzerata la riorganizzazione del commissario. Che non si preoccupa: "Nessun effetto concreto, avevamo già sanato le osservazioni del tribunale". Ma se non cambia nulla ora il rischio è l'annullamento del voto del prossimo congresso della Capitale
Ci sono voluti due anni ma alla fine l’hanno spuntata. In piena campagna per le primarie un gruppo di militanti e dirigenti Pd (alcuni ormai ex) si è visto dare ragione dal tribunale: la riorganizzazione lacrime e sangue del partito romano, imbracciata nel giugno 2015 come «un lanciafiamme» dall’allora commissario Matteo Orfini dopo la vicenda di Mafia Capitale, è «illegittima». Dunque da annullare.
Ieri una sentenza della Terza sezione civile del Tribunale di Roma ha accolto il ricorso del «Comitato articolo 49». «L’organo esecutivo ha inteso disciplinare materie esulanti dall’ambito delle sue attribuzioni riservate invece alla competenza dell’organo assembleare», vi si legge. Tutto azzerato dunque. E la Federazione dovrà anche pagare 18.824 euro di spese processuali.
I ricorrenti esultano: «Abbiamo una prima sentenza che afferma che il Commissario del Pd Roma, nonché Presidente nazionale del Pd, Matteo Orfini, ha impostato su una strada illegittima tutta la sua azione di riorganizzazione del partito romano». Se sono stati costretti alle carte bollate , spiegano, è perché «i metodi arroganti e prevaricatori di Orfini hanno impedito che ci fossero sedi di discussione serena nel Partito».
Di tutt’altro avviso il Pd romano. «La delibera non è più in vigore», avverte una nota. «Da dicembre 2016 è stata emanata una nuova delibera di cui il giudice non poteva avere conoscenza», «gli effetti concreti della sentenza sull’organizzazione della federazione e del congresso sono dunque inesistenti». E se il Pd romano farà ricorso, assicura Orfini, sarà solo «perché resti agli atti un dato politico e storico». «Le osservazioni del tribunale sono state già sanate», giura, tranne «aspetti marginali e consapevoli», strade obbligate per togliere il tesseramento ai circoli che, nella versione di Orfini, avevano fatto «i maggiori disastri». «La verità», conclude, «è che questo ricorso punta a restaurare il partito romano di prima, quello che non riusciva a pagare i suoi debiti. Oggi con la nuova organizzazione abbiamo voltato pagina». Ironia della sorte, proprio Orfini, con Guerini, ha firmato un ddl che renderebbe ancora più penetrante il potere di intervento del giudice in caso di mancato rispetto delle regole interne ai partiti, proprio in attuazione dell’art. 49 della Costituzione.
Ora Marco Miccoli, ex segretario del Pd Roma e sostenitore di Andrea Orlando, invita Orfini a riflettere prima del congresso romano, che si terrà l’11 giugno dopo le primarie nazionali: «I circoli vogliono svolgere le loro convenzioni come soggetti congressuali, la sentenza dà loro ragione e il buonsenso consiglierebbe di assecondarli». E avverte: «Anche per evitare rischi di annullamento del voto».
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