Cultura

Il trasloco della fotografia

Il trasloco della fotografiaSpazio Forma e la mostra dedicata a Robert Doisneau

Luoghi della memoria Un'intervista con Denis Curti, videpresidente della Fondazione Forma, che racconta come un affitto esoso e la sordità dell'amministrazione possa decretare la fine di un polo culturale d'eccellenza

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 25 ottobre 2013

Se vogliamo restare a Milano (la Berlino promessa dal sindaco Giuliano Pisapia ormai l’abbiamo dimenticata), mai come in questo caso la Forma è Sostanza. Perché se la città che dice di aprirsi al mondo non riesce a tenere in vita lo Spazio Forma significa che un problema c’è e non riguarda solo il mondo della fotografia: quel luogo di eccellenza culturale, riconosciuto a livello europeo, sta chiudendo i battenti perché il comune di Milano non vuole e non sa ascoltare. Lo Spazio Forma è solo la dismissione più eclatante. Tutti lo conoscono: ottanta mostre in otto anni e cinquecentomila visitatori. Nomi di livello mondiale, Josef Koudelka, Robert Mapplethorpe, Henri Cartier Bresson… Ne parliamo con Denis Curti, vice presidente della Fondazione Forma.

Facciamo un po’ di storia, per chi non è al corrente

Forma nacque dieci anni fa come Spa divisa in due soci: 50% Contrasto e 50% Fondazione Corriere della Sera. L’idea era quella di condividere un progetto molto ambizioso: costruire una casa della fotografia in grado di organizzare mostre di livello internazionale, a ciclo continuo. A Milano, e in Italia, mancava un luogo interamente dedicato alla fotografia. Abbiamo cercato uno spazio adatto e poi siamo incappati nel deposito Atm (Azienda Trasporti Milanesi, ndr) di piazza Tito Lucrezio Caro, era un posto enorme, bellissimo ma abbandonato, pieno di erbacce e topi. Abbiamo illustrato il progetto all’ex presidente di Atm Bruno Soresina e lui ci appoggiò, a patto che facessimo un investimento sull’immobile. Un milione di euro noi, un milione di euro Atm. L’immobile oggi si è ampiamente rivalutato, stiamo parlando di migliaia di metri quadri in zona Navigli, a posteriori possiamo dire che è stato un buon affare per tutti.

Veniamo al punto. Pagavate un affitto molto alto che oggi non potete più permettervi…

Poco più di centomila euro all’anno. Ma voglio essere preciso su questo passaggio perché in questi giorni il Comune di Milano ha detto cose poco chiare. L’assessore alla cultura Filippo Del Corno ha affermato che la Fondazione Forma è un ente privato che ha sempre rivendicato con orgoglio la propria autonomia, come dire che Palazzo Marino non c’entra nulla e che la nostra richiesta di rivedere l’affitto è solo una trattativa tra privati, come se l’Atm non fosse un’azienda di proprietà del Comune e Forma non fosse un polo culturale importante per Milano e noi non avessimo avanzato proposte per integrare questa esperienza con la produzione creativa di altri luoghi della città.

Dunque i soldi sono il problema, eppure l’Atm ha un bilancio in attivo e intende aumentare nuovamente il biglietto del tram.

Appunto, ma voglio tornare sulla questione dell’affitto. Tre anni fa, il Corriere della Sera si sfilò dalla società, da allora Contrasto si fa carico di tutte le iniziative, si trasforma in fondazione senza fini di lucro e con questo nuovo profilo giuridico propone all’Atm, cioè al Comune, di rivedere l’affitto diventato insostenibile…. Devo essere sincero, l’ex assessore Stefano Boeri si era impegnato ad accompagnarci in un nuovo percorso che poggiava su alcune idee intelligenti. Aveva proposto al Comune, diciamo pure al sindaco Giuliano Pisapia, di entrare come socio nella Fondazione Forma per affiancarla a parametro zero, senza sborsare un euro, e chiedere successivamente alla presidenza Atm di azzerare l’affitto. Sappiamo come è andata a finire: il nuovo presidente dell’Atm ha dato parere negativo e l’assessore Boeri è stato dimissionato…

Perché mai Palazzo Marino dovrebbe disinteressarsi di un luogo prestigioso di cui in sostanza può beneficiare essendo il «padrone di casa»?

Me lo chiedo anche io. Dopo mesi senza aver avuto la possibilità di incontrare qualcuno, ha provato a spiegare il nostro progetto all’assessore Pierfrancesco Maran, a Paolo Limonta (il braccio sinistro di Pisapia) e anche all’assessore Pierfrancesco Majorino… ma non c’è stato niente da fare. Noi non vogliamo soldi, abbiamo solo chiesto alla città di essere riconosciuti per il nostro valore culturale.

Forse vogliono affittare lo spazio a qualche altro soggetto?

Non so. Credo soprattutto che questa giunta sia incapace di ascoltare, sono miopi soprattutto sulla cultura, si arroccano sulle loro posizioni dicendo che non ci sono soldi, ma non è possibile vivacchiare stando a contare i centesimi. Bisogna avere l’intelligenza di valorizzare la risorse. Forma potrebbe diventare una delle eccellenze per rendere più ricca la produzione culturale milanese in vista dell’Expo, si potrebbero studiare integrazioni con altri poli espositivi, le idee non mancano.

E adesso? Fine della storia?

Il 31 gennaio ce ne andiamo. Ci ospitano negli spazi dei Frigoriferi Milanesi, in via Piranesi. Chiaro che non è la stessa cosa. Ma continueremo a fare mostre e porteremo la fotografia in tutti i luoghi e le città che vorranno ospitarci. Abbiamo già programmato due mostre a Verona e Roma. Continueremo a fare cultura. Abbiamo avviato un progetto per raccogliere la memoria fotografica dei più grandi autori italiani, si tratta di gestire e valorizzare gli archivi più importanti. Il primo che ci ha risposto è Gianni Berengo Gardin.

L’unico che non vi ha risposto è Giuliano Pisapia…

Non gli ho mai parlato. Mi piacerebbe sapere se è così sicuro di voler lasciar perdere una ricchezza del genere per Milano, gli proporrei di sederci attorno a un tavolo per ragionarci su. Quando ho raccontato ciò che accade a Jean-Luc Monterosso, il direttore della Maison européenne de la photographie di Parigi, non riusciva a crederci. Lo Spazio Forma lo invidiano in tutta Europa.

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