Usa, il terrorismo fatto in casa
San Bernardino Un arsenale nell'abitazione dei killer. Gli inquirenti non escludono alcuna pista. Obama: limitare le armi
San Bernardino Un arsenale nell'abitazione dei killer. Gli inquirenti non escludono alcuna pista. Obama: limitare le armi
Ventiquattr’ore dopo i fatti che hanno insanguinato San Bernardino, gli inquirenti non escludevano ancora alcuna pista nella ricerca di un movente. Il capo della polizia della città, Jarrod Burguan e il direttore regionale del Fbi David Dowdich, incaricati delle indagini, hanno delineato però un possibile movente “misto”, per il bagno di sangue avvenuto nella città 100 km ad Est di Los Angeles.
Nella mattinata di mercoledì gli autori della strage, identificati come Syed Rizwan Faoruk, 27 anni, figlio di immigrati pakistani, e sua moglie di 26 anni, Tashfeen Malik, hanno fatto irruzione, mascherati e armati, nei locali dell’Inland Regional Center, complesso polivalente di uffici pubblici e sede di un centro di servizi per disabili. Gli attentatori sono entrati in una sala conferenze in cui si stava preparando un pranzo prenatalizio per impiegati pubblici della contea e hanno aperto il fuoco mietendo vittime inermi. Faoruk, anche lui impiegato della contea, era stato alla festa coi colleghi ma secondo testimoni si era allontanato in seguito a un diverbio, tornando poco dopo con la moglie per compiere la strage.
Acquisito questo dato, gli inquirenti hanno raggiunto l’abitazione dei Farouk nella vicina comunità di Redlands. Quando i due si sono dati alla fuga è cominciato l’inseguimento finito con una sparatoria in cui la polizia ha esploso 380 colpi. Le dirette tv hanno mostrato il veicolo crivellato di colpi in cui sono morti i fuggitivi. Secondo il capo della polizia nell’auto e nell’appartamento sono state rinvenute altre migliaia di proiettili e materiali esplosivi. Un ordigno esplosivo artigianale sarebbe stato lasciato dai due anche sul luogo della strage.
Le indagini ora si focalizzano sui retroscena dell’attacco. In particolare le origini dei due attentatori. Malik avrebbe raggiunto Farouk dal Pakistan nel 2014 per sposarlo (i due erano genitori di una bambina di sei mesi che avrebbero affidato a parenti prima dell’attentato). Nel corso degli ultimi due anni la coppia avrebbe anche visitato l’Arabia Saudita, forse per compiere il pellegrinaggio dell’Haj. Se non una «cellula terrorista» potrebbe quindi essere plausibile secondo gli inquirenti l’ipotesi di una «radicalizzazione volontaria» della coppia, forse durante la permanenza nel regno salafita. «Il livello di armamento e di apparente pianificazione suggerirebbe una missione ben preparata» ha detto Dowdich, «ma non sappiamo se alla scelta dell’obbiettivo specifico abbiano contribuito altri fattori». Il riferimento è all’apparente litigio fra Farouk e i colleghi che suggerirebbe un’altra consueta «tipologia» di strage americana: quella della vendetta sul posto del lavoro. Elementi da cui si potrebbe insomma dedurre un gesto di rabbia «spontanea» da parte di qualcuno che aveva comunque intrapreso i preparativi per una azione violenta premeditata.
Qualunque finisca per essere il movente accertato, rimane il dato della terrificante potenza di fuoco di cui disponevano ancora una volta gli assassini, non solo le pistole 9mm regolarmente acquistate come può fare qualunque cittadino entrando in un negozio (a San Bernardino, città di 200.000 abitanti, ce ne sono ben 11), ma anche fucili militari AR15 dotati di letali munizioni calibro 233 e numerosi caricatori automatici. Questi ultimi sono soggetti a qualche restrizione in California ma facilmente e legalmente reperibili in stati vicini.
Bisogna quindi tornare a parlare dell’«anomalia americana», un paese in cui gli episodi di omicidio plurimo solo nell’anno corrente sono stati 355; le stragi – i mass shooting – come i due della scorsa settimana, sono una media di 18 all’anno. Un fenomeno su cui è tornato a battere Barack Obama sottolineando come le stragi siano una specialità di casa come in nessun altro luogo al mondo. «Ancora una volta dobbiamo registrare la prevalenza di questi fenomeni nel nostro paese», ha detto il presidente che più che arrabbiato come è stato di recente, è apparso sobrio, quasi rassegnato nel breve triste discorso fatto davanti al camino addobbato della Casa Bianca. «Molti americani si sentono impotenti di fronte a questo dilagare, ma tutti abbiamo un ruolo per rendere un po’ più difficile l’accesso a questo tipo di armi».
In una settimana in cui l’America si è trovata a contare le vittime di due, forse tre tipologie di strage, il denominatore comune è rimasto unico. Il terrorismo in America non è tanto una minaccia che incombe dall’esterno ma una patologia endemica, che si annida in ogni casa e periferia dove i cittadini stoccano una potenza di fuoco che equivale a una superpotenza militare sommersa, a disposizione di ogni squilibrato turbato da un’ideologia, un’ossessione religiosa o un semplice dissidio col college o col vicino.
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