Il terrore e la morte psichica
Verità nascoste La logica delle passioni non può fondare da sola un progetto politico, ma la loro assenza genera l’ipertrofia delle norme che annientano ogni alterazione dell’esperienza, producendo indifferenza emotiva, apatia. L’esito ultimo dell’odio per il diverso
Verità nascoste La logica delle passioni non può fondare da sola un progetto politico, ma la loro assenza genera l’ipertrofia delle norme che annientano ogni alterazione dell’esperienza, producendo indifferenza emotiva, apatia. L’esito ultimo dell’odio per il diverso
Fabio Ciaramelli: «Lo spazio politico delle nostre società democratiche sta diventando (o forse è già diventato) terreno fertile per l’autoritarismo. I tuoi interventi settimanali su questo tema raccolti in Il diavolo veste Isis (Asterios), ne mostrano i prodromi: lo sgomento prodotto dalla globalizzazione, il ritiro autistico dalla relazione con l’altro, l’estraniazione generata dal narcisismo di morte. Si tratta di movimenti della psicologia collettiva riconducibili alla tua splendida definizione del conflitto tragico come “dilemma impossibile tra l’eccesso di passione e la sua assenza (eccesso di norma)”. La logica delle passioni non può fondare da sola un progetto politico, ma la loro assenza genera l’ipertrofia delle norme che annientano ogni alterazione dell’esperienza, producendo indifferenza emotiva, apatia. L’esito ultimo dell’odio per il diverso. In fondo, quest’ultimo rappresenta la possibilità di essere “altro”, cioè la base o il combustibile del desiderio. Paradossalmente, allora, il vero oggetto dell’odio per il diverso è proprio la nostra capacità di desiderare. Come scrivi, “si uccide nell’altro la parte desiderante di sé”. Negli esecutori delle stragi rivendicate dall’Isis, si materializza il rigetto radicale dell’altro che si manifesta in individui affettivamente indifferenti».
Sarantis Thanopulos: «Le tue riflessioni mi fanno pensare alla distanza che separa phobos, il terrore come sentimento che genera negli spettatori della tragedia greca il superamento della misura nel conflitto con l’altro, dal “terrorismo”: l’incutere terrore nel diverso per obbligarlo a conformarsi al nostro modo di concepire la vita. Il capovolgimento della lezione tragica grava su di noi. Dal rispetto del limite siamo arrivati all’uso deliberato e regolare del suo superamento. Non è un caso che nello scontro tra l’Occidente e l’integralismo islamico, questo superamento è considerato efficace e necessario da entrambe le parti. Il sistematico oltrepassare la misura, per difendere il presente dell’unico modello giusto di società o per renderlo possibile nel futuro, è passato dal congelamento del proprio desiderio per distruggere chi disturba la sua realizzazione ideale, alla distruzione dell’oggetto potenzialmente desiderabile per sradicare da sé il desiderare. Dalla vita come schema ideale, alla morte interna come volontà di potenza. Il diavolo che è Thanatos oggi veste Isis, domani un’altra cosa: usa la carta d’identità che vuole».
Fabio Ciaramelli: «Qui il tuo riferimento agli ebrei, nel libro, è importante. L’ebraismo nella civiltà occidentale ha rappresentato la spinta verso il decentramento, ponendole un problema che essa nel momento decisivo ha rimosso: la capacità, come dici, di “desiderare il diverso nel punto in cui più destabilizza la nostra autoreferenzialità”. L’antisemitismo nasce esattamente dal rifiuto di questa destabilizzazione legata alla vita del desiderio. E perciò assume un valore simbolico decisivo. Un desiderio esclusivamente autoreferenziale è il desiderio d’un essere psichicamente morto. I migranti che premono alle nostre porte sfidando la morte e spesso incontrandola, sono spinti dalla voglia indomita di vivere. Il costante afflusso di “nuovi venuti” che riemergono dalle onde del mare e ci decentrano, non è il problema di questa nostra Europa apatica ed emotivamente indifferente, ma la sua opportunità».
Sarantis Thanopulos; «L’ebraismo e la tragedia greca interrogano la nostra civiltà, di cui sono componenti fondamentali, nel punto che tu hai ben individuato: il decentramento. La Shoah, l’uscita catastrofica dallo spazio tragico frettolosamente rimossa, è stata il prodotto dell’apatia, della morte psichica che continua a ingannarci, facendoci vedere l’opportunità come minaccia».
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