Qui al cohousing Olga è sconvolta per la morte di Lino, amico da sempre, Insegnante di filosofia, ritiratosi, in pensione, a vivere in montagna. Saputo della sua precaria salute, Olga va ad aiutarlo. Una notte inizia a respirare male, capiscono entrambe che è la morte. Olga, cattolica fervente, gli si inginocchia accanto e prega Dio, ma capisce che la sua preghiera è, per Lino, ateo, lingua straniera. Allora gli si siede accanto e gli prende le mani e lo guarda negli occhi e gli ricorda momenti belli e conquiste della sua vita. «Hai fatto tanto per migliorare il mondo». Lui la guarda e sorride, e, occhi negli occhi e mano nella mano, va via.

Al racconto di Olga se ne uniscono altri. Ernesto ricorda orgoglioso di suo padre che prima di morire, consegna a familiari e amici piccole buste con dentro foglia o sasso, ramo, fiore, come doni che ha ricevuto e che lascia come eredità. Piange Alma, ricordando la sofferenza, il senso di colpa e la pena infinita che ancora la abitano pensando alla mamma, morta sola in tempo di Covid in una casa di riposo. Una telefonata dalla struttura e null’altro. Smirna, si è sempre molto interrogata, come medico, di fronte alla morte.

C’è un libro a lei caro: «Modi di morire» TO-ristampa 2019-di Iona Heath, tradotto da Maria Nadotti, giornalista e saggista. Heath, medico di base per 35 anni in uno dei quartieri più poveri di Londra, scrive di come vi siano molti modi di morire. Come parlare con chi sta per lasciarci.

Come accompagnarlo senza accanimento terapeutico, come aiutare lui/lei e famiglia ad affrontare una buona morte, dando dignità e valore alla sua vita. Il libro è la descrizione di un viaggio con parole di scrittori poeti, pensatori che per la Heath sono figure di supporto nel suo lavoro. Sfida medica e tecnologica per prolungare la vita hanno avuto la meglio sulla qualità della vita vissuta, perché non sono in grado di accogliere l’unicità delle singole storie.

Questo porta alla negazione della morte, non pensando che la morte possa dare compiutezza ad una vita. Per Health la morte improvvisa, che molti si augurano, lascia un senso di incompletezza e aumenta l’angoscia di chi resta. Una morte lenta dà invece l’opportunità di mettere a posto le proprie cose, condividere e rivivere ricordi, parlarsi, salutarsi.

Riflette la Health su quello che occorre ad un medico, ma anche a tutti noi, di fronte a chi muore: occhi per vedere umanità e dignità, parole per tenere l’altro con noi riducendo la solitudine, contatto fisico per creare vicinanza, ancor più se con persone con un legame affettivo, e pazienza, perché non si sa quanto dura un’agonia. Olga è sollevata: capisce che la preghiera avrebbe supportato lei, credente, in quel momento, ma non Lino, ed è riuscita ad accompagnarlo con gli occhi, le parole e le sue mani. E Lino non è morto «da nessuna parte», ma in quella sua piccola casa tanto amata, e con Olga.