Visioni

Il tempo davanti a uno specchio tra glam e omaggi al Duca bianco

Il tempo davanti a uno specchio tra glam e omaggi al Duca biancoLucio Corsi – foto di Tommso Ottomaso

Note sparse Si intitola «La gente che sogna» il terzo album di Lucio Corsi

Pubblicato più di un anno faEdizione del 3 maggio 2023

Nel suo show televisivo del 1977, poco prima di morire in un incidente stradale a soli trent’anni, Marc Bolan dei T.Rex salutava i telespettatori con la frase «Keep a little Marc in your heart». Esortazione che, a decenni di distanza, sicuramente è arrivata alle orecchie di Lucio Corsi, cantautore maremmano che di recente ha pubblicato La gente che sogna, suo terzo album dopo le esperienze folk di Bestiario musicale e Cosa faremo da grandi? Ed è proprio al ricordo indelebile di quel glam rock dei primissimi anni ’70 che Corsi rivolge il suo sguardo, cesellando un album bellissimo che, come una capsula temporale, ci riporta a un’epoca irripetibile per novità, insolenza e grandezza. Aperto dal singolo Radio Mayday, l’album si colloca agilmente fra le produzioni di David Bowie, il leggendario Tony Visconti e il già citato Bolan, colui che ancora prima del Duca Bianco inventò un genere fatto di primordiali riff rock’n’roll in antitesi al prog dell’epoca.

Ed è proprio al ricordo indelebile di quel glam rock dei primissimi anni ’70 che Corsi rivolge il suo sguardo, cesellando un album bellissimo

IL CANTAUTORE di Grosseto, abbracciando anche le contaminazioni black/soul che il frontman dei T.Rex cominciò a metà anni ’70 dopo l’incontro con Gloria Jones, cesella così ballad che richiamano (e citano) il Lou Reed di Transformer come la sognante Astronave Giradisco («C’era una coda luminosa tra le stelle/Anche il satellite d’amore di Lou Reed») e la lucida follia degli Sparks di Kimono My House – disco omaggiato anche nel videoclip diretto dal produttore e co-autore in parte delle musiche Tommaso Ottomano – con la travolgente cavalcata Magia nera. Sospeso fra sogno e realtà, Lucio Corsi non solo ricrea musicalmente, filtrandolo in parte con il cantautorato italiano, quell’universo fatto di rock, hand-clapping e glitter ma lo fa anche nei temi. Come Bowie nel film L’uomo che cadde sulla Terra, il cantautore osserva il pianeta con gli occhi alieni di chi non si riconosce («Metto lo smalto alle labbra e sulle dita il rossetto/Il tempo funziona solo davanti allo specchio» canta con grazia angelica in Glam Party).
Agognando pianeti lontani, navicelle spaziali, altre forme di vita e tenendo ben presente che l’unico modo, forse, di sfuggire alla realtà è colorarla di sogni. E senza dimenticare la lezione di artisti obliqui e fuori dagli schemi come Eugenio Finardi e Ivan Graziani, La gente che sogna ha il fulgore, e la brevità (poco meno di mezzora in tutto di canzoni), di una stella cadente.

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