Visioni

Il teatro e il sacro, questioni di coscienza

Il teatro e il sacro, questioni di coscienzaUna scena da «Settanta volte sette» – foto di Eugenio Spagnol

Palscoscenico Decima edizione per il festival marchigiano che indaga su religione e società secolarizzata. Nel programma «Settanta volte sette», tragedia familiare nel racconto del Controcanto Collettivo

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 3 luglio 2019
Gianfranco CapittaASCOLI PICENO

Una delle manifestazioni teatrali più atipiche e significative, Il teatro e il sacro, ha festeggiato nei giorni scorsi la sua decima edizione, tenuta anche quest’anno ad Ascoli. Coraggiosa, per voler indagare la possibilità di dialogo e interrelazione tra il suo tema e una società secolarizzata, e nello stesso tempo riprendere i fili con la tradizione fondante di ogni spettacolo, ovvero la tragedia antica ateniese e la sua «moralità». Grande il successo di pubblico, e vivace il livello che gli artisti presenti hanno impresso all’iniziativa. A questi ultimi anzi va riconosciuto il merito della grande libertà di coscienza, e anche di ritrovarsi coi loro linguaggi, senza misticismo e affettazione, in sintonia piuttosto con quanto «predicano» papa Bergoglio e altri vescovi coraggiosi sui temi civili.

DIFFICILE qui rendicontare il gran numero di cose interessanti tra quelle presentate, che probabilmente però ci sarà modo di rivedere nelle programmazioni invernali. La più lieve eppure commovente, è costituita dai Piccoli funerali, che a Maurizio Rippa (e alle sue molteplici doti di attore e vocalist) hanno ispirato Edgard Lee Master e Franco Arminio. Quei piccoli, commossi ritratti e dediche che il cantante (ottimo contraltista) rivolge a creature a lui care, si librano ogni volta su canzoni e arie dal vivo, una immersione nelle onde del cuore e della memoria. Chi la memoria la va perdendo è il riverito sacerdote ritratto da Dario De Luca (proprio lui, uno dei responsabili della kermesse di Castrovillari) nel Vangelo secondo Antonio: l’Alzheimer gli toglie quello che sa, ma lo avvia a un inedito rapporto con Cristo. Al contrario, e sempre dalla Calabria, giunge la denuncia della pazzesca assimilazione di forme religiose da parte dei rituali mafiosi: Acquasantissima di Fabrizio Pugliese indaga proprio quell’uso perverso, davvero blasfemo, che usa i codici comportamentali e di valori della religione cristiana per strutturare e organizzare il castello esteriore della criminalità organizzata.

NON È MANCATO ad Ascoli lo sguardo teorico, per quanto umanissimo, sui valori religiosi nella vita di oggi. A volte solo esteriore e mimetico, oppure lanciato nella vertigine della grande speculazione. Alessandro Berti, veterano di Il teatro e il sacro, ha elaborato con Simeone e Samir interessanti «dialoghi notturni tra un mussulmano e un cristiano». Uno scontro/incontro coinvolgente e meritevole.

MA LA VERA rivelazione del programma è stata la creazione firmata da un gruppo di Roma, o della sua periferia più contigua, Settanta volte sette del Controcanto Collettivo, che ne firma tutto insieme la formidabile drammaturgia. Per scene taglienti, di apparente quotidianità familiare, lo spettacolo racconta la tragedia, quasi casuale, di una notte nei locali romani: un giovane uccide un altro giovane. Il racconto va veloce, tra la costernazione e la rabbia dei parenti, la brusca «educazione» del carcere per il colpevole, il vaniloquio legale delle indagini. Ma è dal profondo delle coscienze (quelle femminili, non casualmente) se il riavvicinamento e addirittura il «perdono» possano almeno balenare all’orizzonte. Nessun moralismo e nessun compiacimento, ma un racconto che stringe la gola e il cuore. E se produce una lacrima non furtiva, sarà da annotare tra i rari primati della scena di oggi. Non quella religiosa né laica. Quella che non rinuncia ancora al senso e all’emozione.

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