Visioni

Il teatro di guerra si rifugia nello streaming

Il teatro di guerra si rifugia nello streaming«I villeggianti di Gorki» diretto da Peter Stein alla Schaubühne di Berlino

Palcoscenico Gli archivi della Schaubühne di Berlino regalano gioielli come «I villeggianti di Gorki» di Peter Stein

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 14 novembre 2020

A differenza di altri linguaggi artistici (cinema e arti visive ad esempio) che risentono minori limiti nella loro fruizione mediatica, il teatro mantiene costituzionalmente una sua «diversità». Ora che quello dal vivo è interdetto dal Covid, il teatro in streaming adempie solo parzialmente alla «sostituzione». Anche se è altrettanto vero che, al di là dei risultati (quelli che una volta si chiamavano appunto «artistici») il teatro «di guerra» pandemica offre possibilità inusitate fino a solo un anno fa, che costituiranno comunque un robusto bagaglio per il teatro a venire. Ma c’è un’altra chance nell’apparente avarizia di questi mesi. È la possibilità di conoscere, e magari scoprire, la grandezza e le possibilità di un linguaggio come quello teatrale, nei massimi esempi raggiunti negli ultimi decenni, firmati da grandi artisti e inventori di immaginario. Lo strumento è sempre quello della rete, ovviamente, magari spingendosi fuori dell’Italia, perché qui sono stati soprattutto il Piccolo milanese e lo Stabile di Torino a vantare i tesori dei propri archivi.

FUORI dei nostri confini, è piuttosto facile trovare documentazione di spettacoli che hanno davvero rinnovato il linguaggio e l’interesse del teatro, spesso visibili in maniera gratuita. Chi si è subito mossa mettendo in mostra il suo archivio, è stata la Schaubuehne di Berlino. In questi giorni si sono visti dei titanici Ibsen messi in scena dall’attuale direttore Thomas Ostermeier, ma già oggi pomeriggio sul sito della Schaubühne si potrà vedere uno spettacolo del 1974, I villeggianti di Gorki, ove Peter Stein cominciò a mettere i fondamenti del teatro contemporaneo. Con un gruppo di attori destinati a diventare anch’essi mitici, da Edith Clever a Jutta Lampe a Bruno Ganz (che per inaugurare quel metodo, avevano peregrinato per mesi per la Russia, prima di iniziare le prove…). Non ci sarà invece l’Orestea, stesso cast e regia, e stesso processo creativo, che pure è entrata nella storia di tutto il paese, coincidendo con la tragica conclusione degli «anni di piombo».

ALTRO appuntamento imperdibile, già in questi giorni, è quello col teatro di Robert Lepage, grande inventore di linguaggi e di nervi scoperti nel tessuto occidentale. Sul sito della sua compagnia canadese Ex Machina a Quebec vanno in onda in questi giorni i suoi ultimi spettacoli, quelli che non sono neppure arrivati in Europa. E si potrebbe continuare in questa «gita all’estero» virtuale, dalla Francia (le grandi produzioni dell’Odeon o dei prestigiosi festival) a danza e musica made in England.
Ognuno si potrà sbizzarrire e scegliere, e sarà di certo un arricchimento. Anche se il discorso può apparire nostalgico (e magari anche patetico), il processo potrebbe ricordare quello della «gloriosa» tv di una volta, quell’alfabetizzazione a linguaggi fino ad allora elitari, che dopo un’altra guerra, attraverso la Rai col suo teatro e i suoi sceneggiati, fece superare a un paese intero un gap epocale. Da cui ripartire, una volta passata la «malattia».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento