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Il tarassaco: un po’ alimento, un po’ medicina

Se in queste settimane passeggiate tra campi e prati non sarà difficile scorgere uomini e donne chini a raccogliere cespi di tarassaco (Taraxacum officinale). Che cresce tutto l’anno, ma in […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 12 marzo 2020

Se in queste settimane passeggiate tra campi e prati non sarà difficile scorgere uomini e donne chini a raccogliere cespi di tarassaco (Taraxacum officinale). Che cresce tutto l’anno, ma in questa stagione, prima della fioritura, dà il meglio di sé per sapore, consistenza e qualità salutistiche. Le denominazioni tradizionali del tarassaco (pissacàn nell’Italia settentrionale, pissenlit in Francia, pissabed in Inghilterra) ne ricordano evidentemente le proprietà diuretiche. Tuttavia questa pianticella possiede anche altre caratteristiche benefiche sulle quali, tra l’altro, la scienza indaga da quasi un secolo e mezzo (ma indicazioni sulle proprietà salutari del tarassaco si trovano già su testi egizi, greci, arabi e medievali). Nel 1875, in Inghilterra, Rutheford e Chabrol furono tra i primi studiosi che accertarono in modo scientifico l’efficacia del tarassaco nel favorire la produzione della bile, un liquido secreto dal fegato indispensabile per la digestione (specialmente dei grassi) e per eliminare dall’organismo colesterolo, sostanze tossiche e residui cellulari non più utilizzabili. Gli esperimenti condotti tra il 1930 e il 1940 anche presso l’Istituto di Clinica Medica dell’Università di Perugia accertano definitivamente la capacità del tarassaco di agire beneficamente sulla sfera epato-biliare.

Se la raccolta del tarassaco selvatico vi appassiona, approfittate delle prime giornate temperate. Rischiereste altrimenti di dover mangiare delle pianticelle già troppo sviluppate e magari anche fiorite, quando il tarassaco perde alcune sue prelibate caratteristiche organolettiche. Un altro suggerimento: evitate di raccogliere le erbe mangerecce lungo i bordi delle strade, nei giardini pubblici e anche, purtroppo, nei campi coltivati: sono troppe le sostanze nocive, provenienti dalla combustione dei carburanti e dall’uso poco assennato (a esser buoni) della chimica in agricoltura, che inquinano il terreno e le piante. Ovviamente sono ottime le raccolte effettuate in terreni coltivati con tecniche biologiche o biodinamiche oppure in quelle parti di collina ancora selvagge.
Per gustare il tarassaco, la ricetta è semplice: dopo avere lavato con cura le foglie, sbollentatele, scolatele e ripassatele in padella con olio, aglio e una presa di sale. Ottimo e tradizionale accompagnamento per qualche fetta di polenta di mais (giallo o bianco). Se lo desiderate, completate questo piatto delizioso con una spolverata di parmigiano grattugiato.

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