In una parola
Rubriche

Il tappo dello scontento sociale

In una parola La rubrica settimanale a cura di Alberto Leiss
Pubblicato 4 mesi faEdizione del 2 luglio 2024

Da un po’ rimugino sul desiderio di contestare platealmente questa faccenda dei tappi di plastica attaccati al collo delle bottiglie e bottigliette, e non si possono staccare. Io invece li strappo rabbiosamente. E ormai sono abituato a usare forbici e coltellini per liberare i rimasugli che restano attaccati al collo della bottiglia, e a rifinire i bordi dei tappi medesimi per poterli riavvitare. Da signore anziano devo bere molta acqua, e lo faccio direttamente dalla bottiglia! Non ho mai “disperso” un tappo. Ora mi viene la tentazione di farlo. Per ripicca.

Pensavo all’inizio alla trovata di qualche agenzia di marketing un po’ scema. Ma perché tutte le marche si accodavano? Invece si tratta di una direttiva europea!

Ma non cedo al populismo anti-Ue. Noto solo che manifestare questo tipo di sensibilità ambientale mentre ci si orienta a non contare nei deficit statali la spesa per gli armamenti, anziché quella per il welfare, fa montare su tutte le furie.

La furia aumenta dopo la lettura di ciò che scrive sull’ultimo numero di Internazionale il suo ottimo direttore Giovanni De Mauro. Copio, e così faccio prima…: «L’ultima manovra del governo italiano è stata di 28 miliardi di euro. Il 13 giugno l’assemblea degli azionisti della Tesla ha approvato un compenso per Elon Musk che è quasi il doppio: 55,8 miliardi di dollari. Per poterli incassare però Musk deve prima vedersela con Kathaleen McKormick, una giudice del Delaware, lo stato in cui ha sede la società. Nel 2018 il consiglio di amministrazione della Tesla, composto da vecchi amici di Musk e dal fratello, aveva già approvato un compenso enorme. Ma Richard Torretta, ex batterista in un gruppo di trash metal e titolare di nove azioni della società, si era opposto e aveva presentato ricorso affermando che era una cifra eccessiva…».

Da qui riassumo: la presidente della Tesla dice che la somma è necessaria per “motivare” il forse distratto Musk. La giudice ribatte che avendo lui più del 20 per cento delle azioni ha già molto interesse a occuparsi della società. Si nota poi che quel compenso corrisponde a circa un milione di volte quello che guadagna in un anno un dipendente Tesla. De Mauro cita una importante ricerca Usa secondo la quale se i manager guadagnano smisuratamente e i dipendenti troppo poco, gli affari non vanno bene.

Ormai si moltiplicano le dotte ricerche che “scoprono” una realtà forse ovvia: le persone, giovani e no, sono sempre più stufe di lavorare molto e male e guadagnare poco e peggio. Spesso preferiscono rischiare la disoccupazione. E in assenza di alternative credibili votano per Le Pen e Meloni, o più massicciamente non votano per nessuno.

La semplice verità è che un mondo fatto in questa maniera è veramente insopportabile. Di là gente come Putin o il presidente cinese e il loro capitalismo mezzo criminale e finto-comunista. Di qua il capitalismo vero e proprio dei Musk e dei Zuckerberg, e una democrazia in stato preagonico a partire dal suo tempio americano.

Tra l’altro questi signori – i nostri speciali e riveriti oligarchi – che abbisognano di cifre da intero bilancio statale per sentirsi “motivati” mentre sfruttano schiavisticamente i loro dipendenti, dominano nel campo indispensabile alla democrazia che si chiama informazione e comunicazione. Si può concepire un tale potere nelle mani di singole persone? Non bisognerebbe inventarsi qualcosa di radicalmente diverso?

Certo, è consolante sapere che c’è una giudice in Delaware. E anche un bravo batterista trash metal. Ma possiamo accontentarci?

Svito il tappo tornato mobile e bevo la mia acqua. Sperando che da Francia e Inghilterra giungano segnali migliori…

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