«Il supplente», la scuola, la letteratura e il futuro
Al cinema Diego Lerman firma un film su una figura professionale precaria e di passaggio, ma anche su un padre e un figlio uniti dagli ideali
Al cinema Diego Lerman firma un film su una figura professionale precaria e di passaggio, ma anche su un padre e un figlio uniti dagli ideali
«Penso all’importanza di scrivere e leggere poesia al giorno d’oggi. Ed ecco la contraddizione. Per chi scriviamo? Chi legge poesia oggi?». Lucio Garmendia in passato ha scritto un libro, è un professore universitario, fa parte di una classe sociale che ha dei privilegi. Ma ha raggiunto quell’età nella quale guardandosi indietro si fatica a immaginare cosa possa esservi davanti. È lui a porre la domanda sulla letteratura, sulla sua utilità, su un tipo di urgenza intangibile. È in una sala a parlare di scrittura e versi, dove tutti ascoltano e sembrano motivati. Forse perché in quel contesto la forma richiede proprio questo.
Lucio è anche Il supplente, titolo del nuovo film del regista argentino Diego Lerman. Una figura professionale precaria, di passaggio, casuale, che potrebbe lasciare un segno oppure essere una semplice parentesi nella vita di ragazze e ragazzi che hanno altro per la testa. L’aula dove il sostituto capita, è ben diversa da quel salone letterario nel quale si ponevano quesiti paradossali sullo stato dell’arte. In un quartiere di periferia di Buenos Aires, l’intangibile è un lusso. Eppure tra Lucio e quegli scolari, che non lo ascoltano e lo deridono un po’, si instaura una relazione.
LERMAN racconta di esistenze che affrontano la povertà, la paura della criminalità che, in questo caso, ha il volto di un narcotrafficante con aspirazioni a comandare l’intero quartiere. Narra di un uomo in crisi che è alle prese con una vita da ricostruire e che riparte dalle proprie origini, da luoghi che si era messo alle spalle.
Presto nel film del regista argentino, la letteratura fa spazio ad altro. O meglio, la teoria lascia il campo alla pratica. Il racconto è la vita stessa di chi prova ad andare avanti giorno dopo giorno. Ed è qui che emerge la figura del padre di Lucio, Roberto, detto «il Cileno», interpretato dal grande Alfredo Castro. Nonostante la malattia, le difficoltà quotidiane, Roberto procede ostinato col suo ennesimo progetto per la collettività, quello di una mensa per ragazzi. Lucio lo segue, inizia a comprendere le regole del gioco, i rischi, la necessità di assumere una posizione rimanendo al livello degli altri.
Il supplente, perciò, non è semplicemente un altro film su una scuola e sui disagi di una gioventù alla quale si è voluto sottrarre progressivamente ogni speranza. È anche un piccolo ritratto di un padre e un figlio che si trovano a lottare armati di ideali e passioni.
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