Il summit climatico  punta sul Sud globale
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Il summit climatico punta sul Sud globale

Assemblea generale Onu Se il Sud globale sta rivendicando un peso maggiore sulla scena politica planetaria, sfidando in maniera crescente l’egemonia occidentale, è in particolare sull’emergenza climatica – di cui soffre le conseguenze […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 21 settembre 2023

Se il Sud globale sta rivendicando un peso maggiore sulla scena politica planetaria, sfidando in maniera crescente l’egemonia occidentale, è in particolare sull’emergenza climatica – di cui soffre le conseguenze malgrado le sue limitate responsabilità – che la sua voce si fa sentire sempre più forte.
Non ha fatto eccezione il «Climate Ambition Summit» (ancora in corso nel momento in cui scriviamo) convocato dal segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres allo scopo di stimolare l’azione di governi, imprese, istituzioni finanziarie, autorità locali e società civile sul fronte dell’emergenza climatica e della transizione verso un’economia basata sulle energie rinnovabili.

NON TUTTI SONO STATI INVITATI: solo i paesi in grado di presentare piani concreti per azzerare le emissioni nette di gas climalteranti sono stati ammessi a parlare. Non sarà un «summit nonsense», aveva del resto promesso Guterres già a dicembre, chiudendo a ogni forma di greenwashing come pure al riciclaggio di annunci precedenti.
E non sorprende allora che i leader di Cina e Stati uniti, i due principali paesi inquinatori al mondo, non figurino tra i 41 relatori del vertice (è stato invitato invece il governatore della California Gavin Newsom). E tantomeno sorprende che non ci sia l’Italia, mentre sono presenti, oltre all’Unione europea, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna.

Grande in particolare l’attesa per i contributi portati dal Brasile e dalla Colombia, i cui presidenti si sono già distinti, nei loro discorsi all’Assemblea generale, per le forti denunce nei confronti del nord del mondo in relazione alla questione climatica (e non solo).

SE I PAESI RICCHI, aveva tuonato Lula, devono la loro crescita a un modello caratterizzato da alti livelli di emissione di gas a effetto serra, sono le popolazioni vulnerabili del Sud globale le più colpite dalle perdite e dai danni provocati dal cambiamento climatico. Eppure, «la promessa di destinare 100 miliardi di dollari ogni anno» ai paesi poveri «è rimasta tale».

I paesi in via di sviluppo, però, «non vogliono ripetere questo modello», ha assicurato il presidente del Brasile, che pure nel suo paese è oggetto di critiche da parte di gruppi ambientalisti, i quali non gli perdonano né le misure anti-ecologiche del passato né alcune posizioni del presente (per esempio a favore dello sfruttamento petrolifero a Foz do Amazonas).

Dicendosi comunque certo di poter realizzare «un modello al tempo stesso socialmente giusto e ambientalmente sostenibile», Lula ha rivendicato una riduzione della deforestazione in Amazzonia del 48% in appena 8 mesi, ed evidenziato il ruolo di avanguardia del suo paese nella transizione energetica: «L’87% della nostra energia elettrica è prodotta da fonti pulite e rinnovabili».

UGUALMENTE DURO, nel suo discorso all’Assemblea generale, è stato Gustavo Petro, secondo cui nell’ultimo anno l’umanità è avanzata di un altro po’, e «senza tentennamenti», verso la propria estinzione. Con i toni forti e al tempo stesso poetici che caratterizzano i suoi discorsi ai vertici internazionali, Petro ha delineato uno scenario apocalittico: in Colombia «nel 2070 resteranno solo deserti. I popoli si riverseranno a nord, non più attratti dai lustrini della ricchezza ma da qualcosa di più semplice e vitale: l’acqua». Ed è proprio l’esodo già in corso dei popoli a misurare «esattamente la dimensione del fallimento dei governi», incapaci di «mantenere la loro promessa di finanziare l’adattamento al riscaldamento globale» malgrado il conto diventi sempre più salato.

ED È UN PIANO MARSHALL per decarbonizzare l’economia – e assicurare la giustizia sociale e ambientale – che ha chiesto a gran voce il presidente colombiano, sulla base di massicci fondi pubblici – non si possono chiedere soluzioni al mercato, ha detto, se è questo ad aver causato il problema – e in una cornice di multilateralismo, che significa «governare la terra dalla prospettiva della democrazia e non dell’impero».

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