Nessuno dei due ha mai avuto alcun dubbio. Per Ilda Boccassini Silvio Berlusconi ha fatto sesso con Ruby quando era minorenne. Per Silvio Berlusconi sono tutte menzogne da «giudici comunisti» che vogliono farlo fuori. Ma presto (il 24 giugno) arriverà una sentenza a stabilire chi avrà ragione e chi torto (per la legge). Anche se prima del giudizio di un tribunale è la misera storia politica del nostro paese ad avere riabilitato Berlusconi, a prescindere dalle sue colpe, vere o presunte. E chi da venti anni non ha fatto altro che aspettare un giorno come questo nella speranza di potersene liberare – il giorno in cui il sostituto procuratore di Milano ha chiesto una condanna a sei anni di reclusione – adesso è costretto a governarci insieme. La notizia fa il giro del mondo, ma sicuramente Berlusconi è meno solo di prima. Anche se Boccassini ha chiesto anche l’interdizione dai pubblici uffici: perpetua.

«E’ una richiesta altissima, se rapportata al fatto storico contestato», commenta l’avvocato Nicolò Ghedini che sta già pensando all’udienza del 3 giugno, quando toccherà a lui difendere l’indifendibile. Gli risponde, nemmeno troppo indirettamente, il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, «la procura ha presentato le conclusioni sulla base di una scrupolosa valutazione del complesso delle prove formate nel pubblico dibattimento, e le richieste di pena derivano dall’applicazione, nei limiti fissati dalla legge, dei criteri indicativi della gravità dei reati previsti dall’art.133 del codice penale».

Codice a parte, a Ghedini in queste burrascose giornate tocca anche il ruolo politico di capo pompiere per tranquillizzare le larghe intese all’italiana: «Nessun problema per il governo». Considerazione che dovrebbe far arrossire il Pd più che i berluscones, che sbraitano come al solito, da «ghigliottina giudiziaria» a «requisitoria nazista». Del resto, D’Alema ribadisce, «penso che il governo non possa far dipendere il suo destino dalle sentenze, anche perché forse ce ne saranno altre… penso all’inchiesta di Napoli per la compravendita dei parlamentari, quindi bisogna assolutamente che il governo si occupi dei problemi degli italiani e non dei processi di Berlusconi». Più il Tribunale di Milano arriva al dunque, più il centrosinistra accusa il colpo. Chi l’avrebbe mai detto? Quanto a lui, il re della soap che incanta l’Italia, recita la parte della vittima responsabile, per il bene del paese: «Ho letto le agenzie. Che dire? Teoremi, illazioni, forzature, falsità ispirate dal pregiudizio e dall’odio, tutto contro l’evidenza, al di là dell’immaginabile e del ridicolo, ma tutto è consentito sotto lo scudo di una toga, povera Italia!».

[do action=”citazione”]La pm scivola su Karima El Mahroug: «Furba di quella furbizia orientale propria della sua origine»[/do]

Il fatto, o “illazione”, ieri è stato riepilogato nei minimi dettagli durante la requisitoria fiume di Ilda Boccassini. Sei ore di ricostruzione fin troppo appassionata, se per convincere i giudici della colpevolezza di Berlusconi si è lasciata scappare una frase orribile per descrivere le attitudini di Karima El Mahroug, «furba di quella furbizia orientale propria della sua origine» (anche se il Marocco, per la geografia, si colloca in nord Africa), considerazione razzista degna di Borghezio in riferimento a una persona che al tempo dei fatti contestati era solo una ragazzina.

Delle seratine di Arcore sappiamo tutto, del capo di imputazione anche: prostituzione minorile e concussione. In quelle feste, ha sottolineato Boccassini, «le ragazze invitate facevano parte di un sistema prostitutivo organizzato per il soddisfacimento del piacere sessuale di Berlusconi». Quanto a Ruby, era «la preferita». Lei nega di aver fatto sesso con il vecchio sultano di Arcore? Per Boccassini non dice il vero, perché è stata pagata per mentire. Nessun dubbio nemmeno sul fatto che tutti sapessero che era minorenne, e che si prostituisse: perché era piena di soldi. «Difficile poter credere che una ragazza possa avere mille euro in tasca facendo animazione, che vuol dire far ridere clienti stupidi». Inoltre, faceva spese «nel quadrilatero della moda dove per una borsa si spendono non meno di 1500 euro», ed «era stata vista in un locale con un signore di una certa età con una Bentley».

Altro punto contestato dalla difesa, il ruolo di Emilio Fede, il quale non poteva non sapere che Ruby fosse minorenne, «perché era stato presidente del famoso concorso di bellezza». Fede e soprattutto Lele Mora, secondo Boccassini, sono i procacciatori di ragazzine, «la sua società era in fallimento, la sua vita attaccata a un filo e aveva bisogno di tanto denaro». Il sostituto procuratore ne ha anche per i funzionari della questura di Milano che la sera del 27 maggio 2010 avrebbero rilasciato la «nipote di Mubarak» perché ingannati dalle circostanze: anche loro, «non potevano non sapere». Come tutti gli italiani.