Visioni

Il sud dei «cafoni» e dei «signori», un’estate italiana

Il sud dei «cafoni» e dei «signori», un’estate italiana

Al cinema Il nuovo film di Davide Barletti e Lorenzo Conte, la scommessa di un film politico coi toni surreali di una commedia

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 27 aprile 2017

Tutto comincia nel medioevo dei signori che sui contadini, «i cafoni», esercitavano ogni diritto a cominciare da quello della vita. Un padre e un figlio sfidano le leggi e attraversano per bere la terra dei padroni che li uccidono.

 
Da allora poco è cambiato e Torrematta, un paesino della Puglia diviene ogni estate il luogo in cui lo scontro si ripete. Due bande di adolescenti, i «signori» e i «cafoni» si affrontano contenendosi il territorio, il mare, il sole, il cielo, una partita a flipper, la spiaggia. I primi sono guidati da Francisco Marinho, sprezzante e pieno di arroganza, i secondi da Scaleno cupo e incazzato anche perché come vuole la Storia non riesce a vincere mai. La guerra è anche un rito di passaggio ma in quell’estate degli anni Settanta accade qualcosa di imprevisto…

 
La guerra dei cafoni, il nuovo film di Davide Barletti e di Lorenzo Conte dichiara sin dalle prime inquadrature il suo soggetto: la lotta di classe nel nostro sud a partire da ciò che per secoli ha caratterizzato i rapporti di forza tra ricchi e poveri, il latifondo, la terra dei grandi proprietari che succhiavano ogni risorsa lasciando i contadini oppressi da fatica e sofferenza. Ma come fare oggi un film su questo, e soprattutto come liberarlo sia dalla tradizione del «cinema impegnato» sul sud che dagli stereotipi di camorre&gomorre che oggi lo caratterizzano? I due registi, che film dopo film hanno costruito una narrazione capace di restituirne l’essenza profonda, scrivono (insieme a Carlo D’Amicis) una storia che è quella di un sud come laboratorio dell’Italia, delle sue trasformazioni economiche, del passaggio all’industralizzazione, della nascita di nuove classi sociali che non stanno né da una parte né dall’altra, dell’arrivo delle mafie, tipi come il Cuggino che ha i soldi, si fa l’aperitivo e tira fuori la pistola.

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E lo fanno con attori tutti non professionisti, che parlano in dialetto, in un mondo senza adulti, se non il proprietario del bar e un decor vintage ma privo di glucosio (somiglia al Moonrise Kingdom di Wes Anderson) in cui l’azzurro di cielo e mare e il calore del sole non servono mai a sedurre come vecchie cartoline.

 
Tra scazzottate, furbizie cattive, sconfitte clamorose, amori impossibili – il capo dei signori con la bella ragazzina cafona – i ragazzi vivono l’inizio di una trasformazione netta le cui ripercussioni sono lì ancora oggi. Intuendo che quella loro guerra atavica sta per finire e che forse si deve trovare un compromesso, signori e cafoni insieme contro un nuovo che appare una minaccia, un compromesso forse peggiore.
Scommettendo sulla commedia dai toni surreali Barletti e Conte reinventano il paesaggio e con esso un immaginario: denso, intimo e collettivo, avventuroso come questo bel film.

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