Editoriale

Il solito Alfano, una banderuola

Il ministro Leader di un partito di cui si sentiva proprio la mancanza, e ministro degli interni con Renzi. Una bella carriera democristiana

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 6 aprile 2014

Consideriamo Angelino Alfano. Ecco un uomo baciato dalla fortuna. In altri tempi, viste le sue doti politiche, difficilmente sarebbe stato più di un notabile democristiano di provincia. Quando c’erano Fanfani, Andreotti e gli altri cavalli di razza, ci voleva ben altra tempra o stazza per entrare nell’empireo della politica nazionale. E invece lui è riuscito, grazie a Berlusconi, a diventare segretario di Forza Italia, ministro della giustizia, ministro degli interni e vicepresidente del consiglio con Letta. Poi, ha fatto con la manina ciao ciao a Berlusconi è ed eccolo leader del Ncd.

Leader di un partito di cui si sentiva proprio la mancanza, e ministro degli interni con Renzi. Una bella carriera democristiana, non c’è che dire.

Solo che, accanto al tarantolato Renzi, il povero Alfano non può che sbiadire. Come può competere con la parlantina inarrestabile del suo presidente del consiglio? Ma le elezioni europee sono alle porte e bisogna pur dimostrare di esistere. Solo così si spiega l’incredibile sparata di Alfano sui “600.000 clandestini” pronti a riversarsi dal Nord Africa sulle nostre coste. Solo nei primi tre mesi dell’anno ne sono arrivati 11.000, sostiene lui. Prendiamo per vera questa cifra buttata lì per vedere l’effetto che fa. In un anno sarebbero 40.000, la stessa cifra (anch’essa del tutto aleatoria) del 2013. E allora come arriva Alfano a 600.000? Ci arriva solo con la fantasia o, meglio, ci arriva con lo scopo di spaventare l’opinione pubblica e far vedere che, anche se si è messo con Renzi, non è un voltagabbana ed è rimasto l’Alfano di sempre, quello dei bei tempi di Berlusconi.

Sì, perché il buon Alfano nella sua carriera ha cambiato posizione con la rapidità con cui i suoi maestri democristiani cambiavano corrente. Nel 2002 vota la Bossi-Fini. Recentemente ha dichiarato che è necessario accorciare i tempi della permanenza nei Cie prevista dalla Bossi-Fini. Nel 2009, firma come guardasigilli la legge che fa dell’immigrazione clandestina un reato penale. Nel 2014 approva la sua depenalizzazione, facendo infuriare i leghisti, coerenti nella loro xenofobia. Nell’agosto 2013 propone che il vitto dei reclusi nei Cie sia pagato dai paesi di provenienza, un’idea così bizzarra che nessuno dei colleghi di governo la riprende, forse attribuendola al caldo torrido. Nell’ottobre, dopo l’ecatombe marina di Lampedusa, propone la medaglia d’oro agli isolani. Raccogliendo le dichiarazioni di Angelino in tema di clandestini, immigrazione, accoglienza e così via si otterrebbe un perfetto manuale del politico ondivago, per non dir di peggio.

Ma che Alfano sfiori spesso il surrealismo, senza esserne consapevole, non deve illudere nessuno. Infatti, il panico da immigrazione paga sempre, è una risorsa rinnovabile in continuazione, come dimostra il recupero nei sondaggi della Lega di Salvini. Lo sfrutta Alfano, con la bufala dei 600.000 sbarchi, lo sfruttano i leghisti, lo sfrutta Grillo, lo sfrutta cioè quella destra profonda, probabilmente maggioritaria nel paese, che si nutre di luoghi comuni, ritornelli forcaioli, umorismi tombali. Basta dare un’occhiata ai commenti sotto la notizia dei 600.000, e non solo nei giornali di destra. È probabile che la paura dei migranti sia una componente essenziale dello spirito anti-europeo che sembra montare in vista delle elezioni.

Forse, bisognerebbe spiegare ad Alfano e ai suoi elettori che l’Unione Europea, con Frontex, i campi sparsi dappertutto e i soldi dei contribuenti spesi in polizie integrate e controlli alle frontiere, non accoglie esattamente i migranti a braccia aperte. Ma si sa, in tempi di elezioni gli argomenti contano poco e la paura è una risorsa che non costa nulla.

 

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