Il soldatino Rauli si sente Cassandra e la guerra d’Angola stinge su Troia
Il mito rivisitato La vita-mito di un ragazzo fragile che proietta la propria fluidità di genere sognando l’«Iliade»: «Chiamatemi Cassandra», romanzo del cubano Marcial Gala, Sellerio
Il mito rivisitato La vita-mito di un ragazzo fragile che proietta la propria fluidità di genere sognando l’«Iliade»: «Chiamatemi Cassandra», romanzo del cubano Marcial Gala, Sellerio
Kassandra; Cassandra Float Can; Resurrexit Cassandra e infine Llámenme Casandra: sono questi i titoli di testi scritti nel ventunesimo secolo da autori molto diversi fra loro su una delle figure più note ed emblematiche del mito greco e delle sue variazioni.
Nel nostro giovane secolo Cassandra ‘è risorta’ più volte e non solo nei teatri, compresi quelli d’opera (Kassandra di Anthony Brandt), o nei libri ma anche nell’arte, come dimostra il sorprendente polittico Cassandra (2009) dell’artista indiana Nalini Malani. ‘È risorta’ in chi grida scomode verità senza essere creduto, in chi ha previsto un’epoca di guerre e ora prevede il buio, in quanti, diversi, vengono emarginati perché percepiti folli e pericolosi (come la Cassandra baccante delle Troiane di Euripide), in chi ha subito violenza e il suo abito strappato si riannoda alla veste di Cassandra lacerata dal greco Aiace, ebbro di vittoria militare e di eccitazione.
Il titolo Resurrexit Cassandra dato da Ruggero Cappuccio al suo monologo (2020), interpretato da una superlativa Sonia Bergamasco, è profetico della urgente necessità che ha il nostro tempo di misurarsi con voci e visioni dissonanti, lucidamente critiche.
Quali volti hanno le Cassandre risorte nel ventunesimo secolo? Il volto della Terra violentata da una umanità carnefice e vittima di un consumo bulimico, di una terra dilaniata da un uomo tracotante e cieco davanti ai cambiamenti climatici e ai loro paesaggi di rovine (in Resurrexit Cassandra). Questa Cassandra dice ancora parole che sferzano l’uomo nel tentativo di fermare i suoi atti mortiferi, ma di nuovo pare che non ci sia speranza di essere ascoltata. Eppure, nonostante la folle corsa verso la distruzione, rimarrà qualcosa e sarà la poesia a fondarlo.
E non è senza ragione che la poetessa e grecista Anne Carson, nel chapbook Cassandra Float Can (in Float, McClelland & Stewart 2016), dia voce alla profetessa troiana per parlare di poesia e, partendo dall’oscuro dire della Cassandra eschilea (in Agamennone) racchiuso nell’intraducibile ototototoi popoi da, Carson si interroga sui veli della poesia, su quelle parole che, come lame, squarciano la superficie delle cose e rivelano l’inatteso.
Cassandra ha anche il volto della vera figlia di Priamo che, portata ad Argo da Agamennone come schiava e concubina e lì uccisa da Clitemnestra, è poi tornata a vivere. Sa che il suo tempo, da trascorrere nella periferia di una megalopoli, sarà un soffio. La Kassandra del drammaturgo e regista Sergio Blanco (2008) è un monologo che rompe la distanza tra finzione e realtà; è un testamento e al contempo una rivincita contro il teatro tragico greco che ha emarginato Cassandra non rendendola mai protagonista. Kassandra ha l’occasione di mettersi a nudo per quel che è. Racconta finalmente la sua verità con una lingua semplice e frammentata e con un corpo che, fatto a pezzi da Clitemnestra, è rinato. Vive mercificando quel corpo gravato da cicatrici ma che è anche la sua ancora di salvezza perché, dice: «tragedy, but never loose the hope in the future».
Varie affinità ci sono tra la Kassandra di Blanco e la Casandra del poeta, romanziere e architetto cubano (1965) Marcial Gala: anche il protagonista di Chiamatemi Cassandra (traduzione di Giulia Zavagna, Sellerio «Il contesto», pp. 229, euro 16,00) è incarnazione di emarginati e oppressi e ha un legame forte e vitale con le Cassandre greche.
Protagonista del romanzo è un ragazzo fragile, costretto a nascondere la propria fluidità di genere in una famiglia e in una società machista, violenta e retriva di una città cubana sul mare, Cienfuegos, un ragazzo che combatte una guerra quotidiana contro offese e derisioni. Rauli si sente, meglio, è certo di essere Cassandra, una Cassandra che, da un tempo remotissimo, è giunta negli anni settanta e vive nel suo giovane corpo, che vibra di Iliade, di Eschilo, Euripide, di fantasie.
Rauli-Cassandra prevede, inascoltata, il destino suo e di chi gli è accanto. Lo stesso avviene quando decide di lasciare la sua famiglia, eco della casa degli Atridi, e la sua città e si arruola nelle milizie cubane inviate in Angola (Operación Carlota). In questo luogo simile ai campi di polvere e sangue dei Greci e dei Troiani, subisce abusi sessuali dal suo superiore, un novello Aiace, che arriva a ucciderla per impedire la scoperta di una verità per lui pericolosa.
Nel mondo stretto fra Cuba e l’Angola in armi, la vita-mito di Rauli-Cassandra è una sfida al destino e a chi vuole imbrigliare libertà e fantasie, è l’anelito a diventare ciò che si è. In quello stesso mondo sopraggiungono un dolore che sa di espiazione e una morte che profuma di liberazione. Oltre tutto questo ci sono un mare diverso da quello noto ma simile al mare di Omero, e una libertà riflessa nell’enigma di un nome: «Sei seduta sulla riva di un mare che non è quello cubano e dietro di te c’è la città e anche tu sei un’altra, sei finalmente Cassandra, e fra pochi minuti ti chiameranno con il tuo nome alato».
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