Il soggetto politico «queer» smonta la narrazione dell’Antropocene
Smontare la narrazione dell’Antropocene. E’ questo l’obiettivo di Forze di riproduzione. Per un’ecologia politica femminista, il saggio di Stefania Barca in libreria per Edizioni Ambiente (208 pagine, 18 euro) con una prefazione di Emanuele Leonardi e di Viviana Azara. Tra le diverse narrazioni in campo sulle origini storiche della crisi ambientale e climatica, è quella che ruota intorno al concetto di Antropocene a essere diventata egemonica. Barca punta a metterne in evidenza il rapporto con una gestione dei rischi di collasso degli equilibri ambientali organica all’ordine economico e sociale neoliberale e indica una possibile alternativa.
LA NARRAZIONE dell’antropocene, sostiene Barca, non è che l’ultimo capitolo dell’epopea sulle magnifiche sorti e progressive del capitale redatta, durante tutto il corso della modernità – dalla prima rivoluzione industriale a oggi – «da accademici bianchi posizionati in università ivy-league del Nord globale», secondo uno schema di pensiero che «riflette la coscienza (anti)ecologica del capitalismo». Dedite a celebrare lo sviluppo delle forze produttive «queste ricostruzioni – scrive Barca – sono, letteralmente, una narrazione padronale: una storiografia scritta dal punto di vista del padrone inteso in senso coloniale e patriarcale», dal punto di vista «del capo della tenuta, della fabbrica, della compagnia di commercio, del proprietario di schiavi e del detentore dell’autorità legale su donne e animali». Celebrazione del trionfo del soggetto padronale, la storia economica moderna cancella i costi ecologici e sociali associati al capitale e «invisibilizza i soggetti non padronali, considerando il loro sacrificio come inevitabile e necessario al progresso storico universale».
SUL PIANO DELL’ANALISI della crisi ecologica questa operazione trova oggi il suo corrispettivo nella Teoria dei confini planetari, fondata sulla definizione di obiettivi di sviluppo sostenibile legati, a loro volta, al concetto di resilienza climatica. Un paradigma che, funzionale all’ordine economico e sociale neoliberale, «ignora (e di fatto silenzia) qualsiasi visione e pratica alternativa». Dietro i concetti di sviluppo sostenibile e di resilienza si cela «la rimozione di qualsiasi aspettativa di resistenza alle cause profonde della crisi ecologica», descritta dai teorici dello sviluppo sostenibile come un fatto compiuto, inevitabile e dunque non-politico.
LA DEFINIZIONE DI UN ORDINE nuovo, allora, non può che passare attraverso le pratiche di lotta degli attori sociali antagonisti al soggetto padronale. «La mia narrazione, opposta a quella dell’Antropocene, si basa – scrive Barca – sull’ipotesi che la storia consista in una lotta per la produzione della vita da parte dei soggeti altri-dal-padrone che, in autonomia dal capitale, resistono all’espansione illimitata della sua legge». I soggetti altri-dal-padrone sono ciò che Barca definisce «forze di riproduzione», secondo un metodo di analisi in cui, nel segno della confluenza di due diverse correnti di pensiero, l’ecofemminismo e il materialismo storico, il lavoro è al centro.
«L’INTERSEZIONE CRITICA di ecofemminismo e materialismo storico – spiega Barca – ci permette di osservare che le soggettività altre-dal-padrone hanno in comune una definizione ampia, ma cogente, di lavoro: a partire da posizionamenti differenti e in diverse forme, le donne, gli schiavi, i proletari, gli animali e la natura non umana lavorano per il padrone, provvedono per esso» e vengono rimosse dallo scenario dell’azione storica perché «il padrone non è disposto a riconoscere che la sua sopravvivenza e ricchezza dipendono dal loro lavoro».
E’ QUINDI UN MOVIMENTO intra e inter-specie quello che porta alla possibile alleanza delle forze di riproduzione e alla definizione di un disegno di mutamento radicale alternativo alla narrativa dell’Antropocene. Le forze di riproduzione sono per Barca un «soggetto politico queer»: «Indicano la convergenza (attuale e potenziale) tra le lotte (trans)femministe, indigene, contadine, per i beni comuni e per la giustizia ambientale, a livello globale. Nella consapevolezza che per mantenere in vita il mondo dobbiamo smantellare la casa del padrone».
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