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Il sociologo Michel Wieviorka analizza il voto francese di domenica

Il sociologo Michel Wieviorka analizza il voto francese di domenicaFrançois Hollande – Reuters

L'intervista «La sinistra è divisa e senza bussola e il paese ha paura dell’avvenire»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 26 marzo 2015

Il voto è la fotografia di un momento, ma racconta anche la situazione di fondo. Al primo turno delle dipartimentali francesi, uno dei dati principali è l’estensione del voto per il Fronte nazionale su tutto il territorio, anche in zone finora refrattarie (l’ovest, il centro). Non è solo più l’elettorato anziano o pied-noir del sud-est e quello impoverito del nord a rivolgersi all’estrema destra, ma Marine Le Pen sembra aver fatto breccia nel mondo rurale o in quello cosiddetto «rurbano», ex abitanti delle città che si sono trasferiti in cittadine o in campagna per ragioni soprattutto economiche, che subiscono oggi la crisi e sembrano aver perso i punti di riferimento del passato.

L’accusa fatta alla sinistra è di non riuscire più a dare risposte convincenti alle preoccupazioni dei cittadini. Le divisioni hanno fatto il resto, unite al tradizionale messaggio di sfida al governo delle elezioni locali. Con l’aiuto del sociologo Michel Wieviorka, studioso delle manifestazioni del razzismo (tra i suoi ultimi libri, Pour la prochaine gauche, Robert Laffont, 2011; L’antisémitisme expliqué aux jeunes, Le Seuil, 2014), analizziamo il voto.

Cosa dice della Francia di oggi il risultato di domenica, quando un quarto del 50% che è andato a votare ha scelto un partito che propone xenofobia, antisemitismo, razzismo?

E’ il frutto di una situazione politica singolare. La sinistra è screditata, ha fallito sul fronte economico. La destra coltiva illusioni, ma è minata dalla guerra dei capi. Gli outsider sono in condizioni favorevoli. In Francia, poi, non ci sono in questo momento movimenti sociali importanti, con una forte mobilitazione, un alto livello di progetto. Non esiste un’azione politica e sociale tipo quella espressa da Podemos in Spagna, per esempio. Invece, il paese è inquieto, diffidente, ha paura dell’avvenire. Vive nell’attualità dei media, come se avesse perso il senso dello spessore della storia. Vive nel presentismo, chiuso nel tempo presente.

Il Fn occuperà un posto importante nel futuro del paese?

Il partito propone una società chiusa, rispetto all’Europa, all’euro, ai migranti. E’ senza alleati. Esercita un’attrattiva nella congiuntura politica attuale. A breve, non si vedranno le conseguenze del voto di domenica, perché al secondo turno i dipartimenti finiranno nelle mani della destra Ump-Udi, in alcuni casi grazie ai voti della sinistra (in nome del Fronte repubblicano), in altri per accordi vergognosi con il Fronte nazionale. Alle regionali, a dicembre, il Fn potrà avere una posizione molto forte. Allora si prepareranno le presidenziali e le legislative del 2017, e solo allora vedremo se la Francia sarà capace di fermare questo fenomeno. Adesso è presto per bloccarlo. Ma non bisogna disperare, in politica le cose possono cambiare in fretta.

Si può quindi non essere del tutto pessimisti sul medio-lungo periodo?

Nel ’97, l’allora presidente Chirac aveva convocato elezioni legislative anticipate. La sinistra era a pezzi, eppure ha vinto e ne è seguito un governo di sinistra. Nel breve termine, la situazione appare catastrofica, con il Fronte nazionale al 25%. Ma dopo le regionali le cose possono cambiare, ci si renderà conto che la situazione è congelata. Il problema della sinistra oggi è che dà di sé un’immagine terrificante, è divisa, non si sa dove va. Ma esiste, secondo me, un piccolo margine per riprendersi, ci può essere un’evoluzione, sia sul fronte dell’unione con le altre componenti della sinistra che su quello economico, agendo a favore della redistribuzione e della crescita.

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