Cultura

Il social network dei bonobo, condividere senza conflitti

Il social network dei bonobo, condividere senza conflittiScimpanzé nella riserva di Ol-Pejeta a Nanyuki, contea di Laikipia, Kenya. Foto Ansa

Il caso «Science» indica che stringono relazioni al di là del gruppo di appartenenza. Lo studio spiega che questi primati dell’Africa Centrale mettono anche in comune il cibo

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 17 novembre 2023

Finora si riteneva che l’essere umano fosse l’unica specie in grado di stringere relazioni con gli estranei e che questa estrema socievolezza fosse il segreto del nostro successo. La comunicazione e la collaborazione anche al di là del proprio clan ha permesso infatti di scambiare idee e culture, ed è probabilmente alla base del nostro progresso. Ora i ricercatori dell’università di Harvard Liran Samuni e Martin Surbeck rivelano che anche i bonobo, la paciosa specie di primati che vive nella riserva di Kokolopori nella foresta della Repubblica Democratica del Congo, stringono legami anche al di là del proprio gruppo di appartenenza. Lo documentano in uno studio pubblicato ieri sull’ultimo numero della rivista Science, realizzato dopo molti mesi trascorsi a stretto contatto con una delle specie più simili a noi. La ricerca, oltre a rivelare nuove informazioni sui bonobo, suggerisce che anche la capacità umana a formare reti sociali ampie, e non basate solo sulla parentela, potrebbe avere radici ben lontane nell’evoluzione.

«SITI DI RICERCA come Kokolopori – dice Surbeck – offrono un contributo sostanziale al progresso delle conoscenze della biologia delle specie e della nostra storia evoluzionistica, ma svolgono anche un ruolo fondamentale nella conservazione di questa specie in pericolo». I bonobo sono noti per l’organizzazione sociale matriarcale e poco aggressiva, assai diversa dalla violenza e dalla dominanza maschile in vigore tra gli scimpanzé, con cui sono strettamente imparentati. «Seguendo e studiando diversi gruppi di bonobo a Kokolopori, siamo stati colpiti dal notevole livello di tolleranza tra i membri di gruppi diversi. Questa tolleranza crea le basi per comportamenti cooperativi come la formazione di alleanze e la condivisione del cibo. Un contrasto netto con quanto osserviamo tra gli scimpanzé». Gli zoologi ritengono che bonobo e scimpanzé derivino da uno stesso progenitore comune e che siano stati separati solo 1-2 milioni di anni fa da una piena del fiume Congo che ha reso impossibile il suo riattraversamento.

LA PRESENZA DEGLI ZOOLOGI di Harvard è ben tollerata dai bonobo dei due gruppi Ekalakala e Kokoalongo e dalla tribù Mongandu che vive nella regione e supporta il lavoro degli scienziati, senza il cui ausilio – riconosce Surbeck – studiare questa specie così affascinante sarebbe impossibile. Osservando da vicino i due gruppi, Samuni e Surbeck hanno mostrato che l’atteggiamento amichevole dei bonobo non riguarda solo i membri del gruppo, ma può estendersi anche a individui con cui non sono imparentati e che vivono in altre aree.

Secondo quanto viene riferito da Science, i bonobo rivolgono ripetutamente le loro amorevoli attenzioni verso membri estranei spulciandoli, formando coalizioni contro nemici comuni e persino condividendo il cibo. Il mutuo aiuto alimentare è l’abitudine che più ha stupito i ricercatori perché mettere in comune il cibo è una strategia di sopravvivenza intelligente – permette di superare le carestie – ma solitamente sfavorita dall’evoluzione. Sul breve periodo, infatti, condividere una risorsa così preziosa rappresenta più un rischio, in assenza di garanzie che il dono venga effettivamente prima o poi ricambiato. Finora solo tra i tursiopi, una specie appartenente ai delfinidi, era stata osservata l’interazione tra gruppi diversi, ma solo con la finalità di perseguire uno scopo comune immediato. La cooperazione per un obiettivo differito è una caratteristica finora ritenuta esclusiva degli umani.

I ricercatori sottolineano inoltre un altro aspetto assai interessante di questo tipo di interazioni: non tutti gli individui hanno lo stesso livello di socialità tra i gruppi. Piuttosto, ogni gruppo ha un piccolo numero di «ambasciatori», individui più pronti alla cooperazione che si incaricano di interagire con i corrispondenti bonobo dell’altro gruppo con analoghe caratteristiche di socievolezza. «I bonobo interagiscono preferibilmente con membri specifici di altri gruppi che restituiscono i favori con maggiore probabilità», spiega Surbeck. Anche questa interazione tra individui con caratteristiche simili, sottolineano gli autori dello studio, ricorda da vicino il comportamento collettivo umano.

LO STUDIO PERCIÒ RIVELA informazioni preziose anche per gli antropologi. Secondo la teoria dominante, l’interazione tra estranei tra gli esseri umani anche al di là delle parentele si spiega infatti con l’instaurazione di norme sociali che regolano i conflitti che in loro assenza scoppierebbero in modo naturale. Scoprire che tra i bonobo la cooperazione emerge anche senza istituzioni suggerisce al contrario che la convivenza pacifica tra gruppi diversi non sia così difficile da raggiungere, e che la tendenza alla conflittualità tra diversi non sia affatto innata. Nonostante la cronaca quotidiana cerchi di convincerci costantemente del contrario.

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