Il Social forum nel posto giusto al momento giusto
«Je suis Bardo» La manifestazione contro il terrorismo e a fianco dei tunisini che ieri, sotto un nubifragio, ha aperto il Forum sociale mondiale. Voci, slogan e colori – dal giallo di Amnesty al rosso delle bandiere tunisine – che danno il senso di quello che da oggi sarà la kermesse ospitata nel campus universitario del Manar
«Je suis Bardo» La manifestazione contro il terrorismo e a fianco dei tunisini che ieri, sotto un nubifragio, ha aperto il Forum sociale mondiale. Voci, slogan e colori – dal giallo di Amnesty al rosso delle bandiere tunisine – che danno il senso di quello che da oggi sarà la kermesse ospitata nel campus universitario del Manar
Un violento nubifragio, che ha oscurato il cielo di Tunisi e trasformato le vie in torrenti in piena, ha messo a dura prova i partecipanti al Forum sociale mondiale che hanno voluto aprire la kermesse proprio con una manifestazione di solidarietà con i tunisini contro l’attacco terroristico che una settimana fa ha colpito il museo del Bardo.
La manifestazione, partita da Bab Saadoun, aveva come obiettivo il luogo dove si è consumato il terribile attentato che ha provocato la morte di ventidue persone, tra cui quattro italiani, e decine di feriti. Ma all’entrata del museo i manifestanti non si sono potuti nemmeno avvicinare per le ingenti misure di sicurezza che dovevano proteggere l’apertura simbolica del Bardo con un concerto riservato a personalità invitate. Tra i privilegiati che ieri hanno varcato il cancello del museo vi era anche il ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni, che ha anche visitato le due italiane ancora ricoverate in ospedale.
La solidarietà palestinese
Due anni fa, l’edizione precedente del Social Forum si era conclusa con una manifestazione per la Palestina aperta da un’enorme bandiera palestinese, per l’appunto. La stessa bandiera, retta, tra gli altri, dal noto esponente palestinese Mustafa Barghouti, ha aperto anche la marcia di ieri. «Siamo qui come palestinesi per esprimere la nostra solidarietà al popolo tunisino, ma anche per promuovere la nostra lotta contro l’apartheid imposto da Israele e contro il terrorismo: quello perpetrato da Israele contro il popolo palestinese è il peggior terrorismo», ha detto Barghouti. «La violenza non ha patria e distrugge i popoli», recitava uno striscione.
E mentre la bandiera palestinese diventava sempre più pesante sotto gli scrosci d’acqua, gli slogan urlati a squarciagola incrociavano la solidarietà con la Tunisia a quella con altri popoli sotto la minaccia del terrorismo globalizzato dell’Isil e non solo. Senza dimenticare che una delle prime vittime del terrorismo è stato nel febbraio del 2013 un leader politico del Fronte Popolare, Chokri Belaid, seguito, in luglio, da Mohamed Brahmi. Due anni fa, il ricordo di Chokri, assassinato meno di due mesi prima dello svolgimento del Forum, era vivo e le sue immagini coprivano la centrale Avenue Bourghiba. Ieri invece mi ha fatto tristezza incontrare Basma, la vedova, quasi al fondo del corteo con alcuni familiari e con un solo ritratto del marito.
Tra le magliette con bandiere e slogan non mancavano quelle con la scritta «Je suis Bardo», diventato ormai lo slogan internazionale per sostenere le vittime del terrorismo. Voci, slogan e colori – dal giallo di Amnesty al viola delle donne della Marcia mondiale, al rosso prevalente nelle bandiere tunisine, ad altri ancora – davano il senso di quello che sarà il Forum che si aprirà oggi nel campus universitario del Manar. Un appuntamento fortemente voluto e mantenuto dagli organizzatori tunisini nonostante le difficoltà provocate dall’attentato terroristico, che però non ha messo in ginocchio la Tunisia. Anzi. Certo sono aumentate le misure di sicurezza, all’aeroporto la fila al controllo passaporti è particolarmente estenuante, soprattutto con gli arrivi in massa di questi giorni. La città invece non appare assolutamente militarizzata, ieri per la manifestazione erano solo chiuse alcune vie, ma immaginiamo che le misure di sicurezza saranno più evidenti per la marcia di domenica prossima alla quale parteciperanno leader politici a livello internazionale. L’Italia ci sarà, ha assicurato ieri Gentiloni al ministro degli esteri tunisino.
La gratitudine per gli stranieri
A rendere percepibile la gratitudine dei tunisini nei confronti degli stranieri che, nonostante il terrorismo, vengono a Tunisi, erano le persone che sostavano sui marciapiedi, uscivano dai negozi o guardavano dai balconi applaudendo e salutando i manifestanti. Il Forum sociale mondiale non poteva scegliere una sede migliore.
E l’arrivo di decine di migliaia di partecipanti al Fsm è stata anche un’ottima risposta ai cittadini che hanno lanciato l’hashtag #visit Tunisia esibito su cartelli ieri mattina davanti al museo del Bardo. La pioggia inclemente – dopo giornate primaverili – non aveva dissuaso nemmeno i tunisini che fin dal mattino si erano ritrovati per testimoniare il loro sdegno, la rabbia, ma soprattutto la determinazione a opporsi a chi vuole distruggere la loro rivoluzione.
Erano semplici cittadini: molti giovani che hanno approfittato delle vacanze scolastiche, ma anche persone anziane, mamme con i figli. Meriem con in braccio Mohammed, un bambino di un anno, inutilmente cercava di calmare il suo pianto e resisteva sotto la pioggia: «Non posso rinunciare al futuro per mio figlio». Intanto i giovani agitavano la bandiera tunisina e cantavano l’inno nazionale. La pioggia era anche l’occasione per esibire l’ombrello con la scritta «I love Tunisia». La scenografia era perfetta.
Menem e Aziza hanno appena quattordici anni, sono studentesse del liceo Pasteur. «Non dobbiamo cedere alla paura, altrimenti avrebbero già vinto i terroristi», mi hanno detto. E Aziza ha aggiunto che i terroristi sono ragazzi ai quali è stato fatto il lavaggio del cervello per costringerli con i soldi a sfruttare le persone che vivono nella miseria. E Ali, padre di Menem, spuntato alle sue spalle ha aggiunto: «Anche se avessimo paura, non dobbiamo assolutamente trasmetterla ai nostri figli».
Per l’occasione c’era anche una banda folkloristica e qualcuno aveva addirittura portato dei cammelli. L’obiettivo, oltre che esorcizzare la paura, è anche quello di salvare una delle risorse più importanti del paese: il turismo. E lo è anche per il governo che però ha deciso di rinviare l’apertura del museo.
A poter varcare i cancelli del Bardo ieri erano in pochi, autorità e invitati, per noi, come per tutti gli altri accorsi all’appuntamento non resta che aspettare una migliore occasione.
Cadono le prime teste
Tutta l’area che comprende il museo e l’assemblea nazionale (parlamento) ora è sotto stretto controllo, ma così non era prima, poiché sono cominciate a cadere le teste dei capi dei servizi di sicurezza. Per fortuna i terroristi non hanno fatto in tempo ad azionare la carica di esplosivo che portavano addosso, ha affermato il presidente tunisino Beji Caid Essebsi, perché sono stati colpiti prima.
Cominciano anche a circolare voci su possibili ripercussioni dell’attentato sul governo. Non sono mancate critiche al partito islamista Ennahdha che, durante il governo della troika aveva dato ampia copertura alle frange estremiste e al reclutamento di jihadisti da inviare in Siria. Ora Ennahdha ha un ministro nel governo costituito in maggioranza da Nidaa Tounes, partito laico di centro. Il presidente Essebsi nelle interviste dei giorni scorsi ha dichiarato che «il terrorismo non ha una tradizione in Tunisia. La crescita del jihadismo nel paese è avvenuta negli ultimi anni» grazie «al lassismo delle autorità, durante il governo islamista».
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