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Il sindaco di Messina: «Serve la metro mare»

Il sindaco di Messina: «Serve la metro mare»Il sindaco di Messina Renato Accorinti

Torna l'icubo Ponte? Allarme a palazzo Zanca. Accorinti: «Chiederò conto al governo, affinché si faccia interprete di un accordo con Eurolink»

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 30 ottobre 2014

Ne ha fatto la madre di tutte le sue battaglie, al punto da salire da sindaco a palazzo Zanca, sede del comune di Messina, in maglietta arancione con simbolo della pace e scritta «No al ponte». Per questo, Renato Accorinti, il professore pacifista che oggi guida il comune di Messina, alla notizia della possibile ripresa delle operazioni ponte sullo Stretto è inviperito. «Vorrei tanto capire la finalità di questo milione e trecentomila euro», tuona dalla sua stanza a palazzo Zanca, in cui tra busti di marmo e bronzo, gagliardetti e stucchi veneziani color salmone che i suoi predecessori hanno sovrapposto negli anni, ha piazzato una bandiera della pace, quella del Tibet e un ritratto di Ghandi. «Mi indigna che non si trovino i soldi per la metromare (gli aliscafi che collegano Messina e Reggio, ndr) e si trovino quelli per il ponte. Di questo chiederò conto e ragione al governo, affinché si faccia interprete di un accordo con Eurolink imponendo i lavori per le infrastrutture nel territorio e per i collegamenti sullo Stretto», ha concluso il primo cittadino.

Ad Accorinti fa eco il suo vice, Guido Signorino, che già da economista e docente universitario, molto prima di diventare vicesindaco e assessore al Bilancio di Messina, si era occupato di «smontare» il ponte. «C’è una legge che imponeva la messa in liquidazione della Stretto di Messina, che fine ha fatto? E su che basi verrebbe rifinanziato un progetto di una società che avrebbe dovuto essere messa in liquidazione, visto che a questo punto non sono più sicuro che siano state rispettate le prescrizioni di legge?», domanda Signorino. Che poi si risponde da solo: «Il rifinanziamento è una follia che non sta né in cielo né in terra», spiega, prima di prendere respiro e mitragliare i motivi per i quali ritiene sia una follia: «Il progetto non valutato dal Cipe dal punto di vista ambientale e già vecchio, costi insostenibili già dieci anni fa, e in questo decennio l’economia meglio non mi pare proprio sia andata. Non c’è nessuna possibilità che i ricavi possano far rientrare i costi dell’investimento, figurarsi produrre utili. Continuo?». Prego. «Con i soli trecento milioni di euro si sarebbero affrontati una volta per tutte i problemi dell’attraversamento dello Stretto (sostanzialmente abbandonato dal vettore pubblico, ndr) – spiega Signorino – Il miliardo restante? Lo diano alle tre città dell’area dello Stretto Messina, Reggio Calabria e Villa san Giovanni, come risarcimento di un’eterna servitù di passaggio e per il blocco di qualsiasi forma di sviluppo che per anni è dipesa dal fantasma ponte».

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