Il silenzio di Leu sull’impar condicio
La comparsa di Silvio Berlusconi alla domenica pomeriggio da Barbara D’Urso è l’eterno ritorno dell’uguale. Come nel 2013, nel 2008 ed ancora nel 2006, per restare alle ultime tre competizioni […]
La comparsa di Silvio Berlusconi alla domenica pomeriggio da Barbara D’Urso è l’eterno ritorno dell’uguale. Come nel 2013, nel 2008 ed ancora nel 2006, per restare alle ultime tre competizioni […]
La comparsa di Silvio Berlusconi alla domenica pomeriggio da Barbara D’Urso è l’eterno ritorno dell’uguale. Come nel 2013, nel 2008 ed ancora nel 2006, per restare alle ultime tre competizioni politiche, l’ex Cavaliere schiera sul campo le proprie tv. L’esperienza e la memoria ci dicono che egli sfrutterà ogni angolino del palinsesto, almeno fino a quando gli reggeranno le forze, per cercare consensi e voti (ieri era Matrix). Nel 2006 dovette intervenire due volte Ciampi per frenare la sua offensiva mediatica, nel 2013 Zavoli, presidente della Vigilanza, riuscì solo a tamponarne l’irruenza che lo vide nel giro di pochi giorni occupare una rete dopo l’altra. E qualcuno ricorderà l’intero pomeriggio a Domenica Live dalla D’Urso il 16 dicembre di 5 anni fa.
Al di là dell’ennesima prevedibile intossicazione videoberlusconiana, la presenza dei politici in programmi nazionalpopolari di massimo ascolto, come quelli domenicali, per giunta senza un contraddittorio e con conduttori che porgono soltanto il microfono, non è comunicazione politica: è semplice propaganda. Nel caso nostro, vista la natura di Mediaset, è anche un elemento di squilibrio del sistema democratico: in questo senso poco importa alla fine quanti voti riesca a spostare una tv così manipolata, perché comunque è evidente ( lo scriveva anche Galli Della Loggia nel lontano ’95) che uno dei competitori può provarci e gli altri no.
Ancora una volta emerge, dunque, gigantesca e velenosa, una questione, quella televisiva, che nessuno ha voluto mai risolvere. E dispiace molto che anche la sinistra di Liberi/E Uguali si sia lasciata colpevolmente sfuggire in questo scorcio elettorale l’occasione per prendere un’iniziativa, alzare la voce, chiedere un po’ di ordine nei rapporti tra politica e piccolo schermo. Approfittando della mozione grillina in Vigilanza, che chiedeva conto a Fazio e Vespa di uno status artistico che garantisce loro un cachet stellare, ma che, se le regole valessero per tutti, gli vieterebbe di ospitare politici, Grasso e compagni avrebbero potuto contribuire ad un utile dibattito sulla tv, sul suo uso e sul suo abuso (elettorale e non), sul ruolo dei programmi informativi e di quelli di spettacolo. Qualcuno dirà: vaste programme. Forse. Certamente però si sarebbe potuto eccepire su Vespa presunto artista, visto che è un giornalista che da sempre ospita politici nella sua trasmissione; e su Fazio presunto giornalista visto che conduce un format nato sotto il segno dello spettacolo leggero; magari riportando in superficie, perché no, anche un conflitto d’interessi che inquina la democrazia italiana e rimettendo in agenda un tema sensibile, quanto la Costituzione, come il pluralismo e l’equilibrio informativo.
Ci auguriamo solo che questa alquanto distratta sinistra non pensi davvero che la carrellata dei politici e il teatrino delle comparse, ad ogni ora del giorno, migliori la conoscenza della politica, faccia dello spettatore un cittadino informato, lo avvicini alla cosa pubblica (a noi pare l’esatto contrario). E che l’occasione mancata sia frutto di emergenze altre da risolvere, e non dei miopi opportunismi con cui quasi sempre la sinistra storica si è occupata di media nel nostro paese.
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