Il silenzio dell’Europa sul Medio Oriente e la bandiera che non sventola più
Siamo ad un passo dal disastro. In queste ore si fa sempre più concreto il rischio che la situazione in Medio Oriente precipiti definitivamente, trasformando i terribili scontri di queste […]
Siamo ad un passo dal disastro. In queste ore si fa sempre più concreto il rischio che la situazione in Medio Oriente precipiti definitivamente, trasformando i terribili scontri di queste […]
Siamo ad un passo dal disastro. In queste ore si fa sempre più concreto il rischio che la situazione in Medio Oriente precipiti definitivamente, trasformando i terribili scontri di queste ore in una guerra a tutti gli effetti, che rischia di contagiare l’intera area. Il numero di vittime è già spaventoso, e sembra destinato a crescere minuto dopo minuto; intanto i raid israeliani si susseguono, la tensione aumenta, le violenze si fanno sempre più estreme, più brutali. Il suono delle sirene d’allarme scandisce il giorno e la notte di migliaia di uomini, donne e bambini incolpevoli, mentre il suono delle esplosioni riesce a stento a coprire la disperazione di chi vede il proprio mondo crollare a pezzi.
In una situazione così drammatica il silenzio dell’Unione europea diventa assordante. L’Italia, all’alba del semestre europeo, deve assumere un ruolo di primo piano nella crisi in corso: c’è bisogno di interrompere immediatamente l’escalation militare per permettere un corridoio umanitario che garantisca l’arrivo a Gaza di cibo, medicinali e sangue per le trasfusioni. Queste le premesse per porre le basi di una riapertura di quel negoziato di pace oggi così drammaticamente interrotto. E solo a partire da queste premesse si potranno riannodare i fili del dialogo tra israeliani e palestinesi, con la consapevolezza che la soluzione non può essere che una: due popoli, due Stati.
La prossima settimana Sel incontrerà molte tra le associazioni pacifiste italiane per verificare la possibilità di un impegno largo e comune al fine di rimettere il tema della pace al centro dell’agenda politica italiana ed europea.
Nel frattempo, però, anche l’opinione pubblica nazionale e internazionale deve prendere posizione.
Non c’è più tempo. È indispensabile dare un segnale capace di ricompattare la società civile attorno ad un comune messaggio di pace. Un gesto simbolico che può fare ognuno di noi. Tiriamo fuori dai cassetti, dagli armadi le nostre bandiere arcobaleno, le bandiere della pace, abbandonate colpevolmente da ormai più di dieci anni, ed esponiamole di nuovo con convinzione e consapevolezza dai nostri balconi, dalle nostre finestre. Facciamole conoscere ai nostri figli, ai nostri nipoti. Siamo stati milioni, anni fa, il New York Times disse che era nata una nuova superpotenza, l’opinione pubblica, e siamo milioni oggi. Ci dicevano siete dei sognatori: si lo eravamo, e lo siamo ancora oggi.
Abbiamo la necessità di rilanciare quello spirito e quelle parole: no alla guerra, indicando la pace come unica rotta percorribile in un momento così duro. Quei sette colori devono essere i colori di tutte e di tutti, devono essere il luogo dove ritrovarci per non disperdere il grande insegnamento che ci ha lasciato Vittorio Arrigoni: restare umani, anche e soprattutto di fronte a tutta questa inumanità.
*Presidente dei Deputati di Sinistra Ecologia Libertà
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