Il sentimento della protesta nella gamella di coquillettes
Le tavole di Natale L'assemblea dei professori, le domande sui Gilet Jaunes. Nel liceo di una piccola città francese tra la mensa e la brasserie
Le tavole di Natale L'assemblea dei professori, le domande sui Gilet Jaunes. Nel liceo di una piccola città francese tra la mensa e la brasserie
COSA bolle in pentola? L’arrivo dei Gilets Jaunes sulla scena politica ha chiarito che, per molte famiglie francesi la questione è piuttosto: c’è qualcosa da mettere nel piatto? Nel frattempo, la gente per bene, che ignora questo genere di questioni, si chiede se i Gilet Jaunes sono di destra oppure di sinistra – alcuni, senza nessuna ironia, vogliono sapere cosa pensano della Siria, di Putin, dell’Europa… Come è possibile un tale scollamento?
FACCIAMO come in un film americano, come nella Vita è meravigliosa di Frank Capra. Scendiamo dalle stelle del firmamento giù in una piccola città, entriamo, come angeli, in un liceo durante una riunione sindacale. Il coordinatore prende la parola : «I Gilets Jaunes hanno aperto un varco: per la prima volta da anni, una mobilitazione di piazza fa paura. Dobbiamo unirci a loro. I nostri studenti lo hanno già capito». Una voce: «Ormai la riforma è passata. A che serve scioperare?». Il sindacalista: «Anche gli universitari si muovono. È il momento…». Un’altra voce: «Sì, ma questi Gilets Jaunes… Che gliene importa a loro della scuola ? Pensano che lavoriamo diciotto ore alla settimana».
UN INSEGNANTE si alza, prende la parola, si esprime con calma, accentuando alcune parole, accelerando d’un tratto o utilizzando il silenzio per sottolineare un concetto : «Sabato ero a Parigi. Per la prima volta da anni, ho avuto paura. I GJ si battono con coraggio. Chi è disposto, qui tra noi, a perdere un occhio, una mano, ad essere sfigurato ? Io no. Vi guardo, e vedo che nessuno è pronto. È questo il prezzo. Loro lo sanno. Eppure vanno avanti. Lottano per difendere il diritto a dire no. Se li lasciamo soli, cosa verrà dopo ? Se perdono, chi oserà protestare ». Si alza un’altra voce:«Tu intellettualizzi !». Un’altra voce: «Parli di classe e di lotta di classe, ma loro mica lo sanno cos’è il marxismo!».
Il professore risponde calmo: «Può darsi… Ma chiedono di aumentare il salario minimo. Forse non conoscono la lotta di classe, ma la fanno!». Una professoressa chiede la parola: «L’altro giorno, al casello, obbligavano tutti a mettere un gilet jaune. Anche i poliziotti consigliavano di metterlo: è fascismo!».
ALCUNE voci: «È come in Italia… Sono di destra…». Un’altra professoressa, giovane, con autorità: «Sabato anche in città c’è stato un corteo. E al centro sono state distrutte vetrine e hanno rubato. Noi dobbiamo denunciare questa violenza che nuoce a tutti». Una voce: «È vero!». Un’altra voce: «Non erano gilets jaunes!». Un’altra ancora: «Come lo sai ? Chi lo sa chi sono ? C’è chi dice che c’è Putin dietro tutto questo».
In un angolo c’è una donna. Ha più di quarant’anni e lavora come tecnico di laboratorio alla sezione cinema. Guadagna 720 euro al mese. Spende 10 euro ogni giorno per venire al liceo. Ha spesso male alle braccia ma viene lo stesso. La sera torna ad Angers per occuparsi del padre. Poi mette un Gilet Jaune e va ad una rotonda, per farsi vedere. Vorrebbe parlare. Qualche volta lo ha fatto. Ma oggi non si sente. Per la prima volta, i professori non gli appaiono come colleghi, ma come nemici. Tra i denti sussurra : «Guardatemi : sono io un Gilet Jaune. Se sono in strada, è perché non ho scelta. E i miei compagni li conosco tutti per nome: ogni mese ci mancano 50, 100, 150 euro. E questo dopo aver eliminato tutto. Non andiamo al cinema. Non mangiamo al ristorante. Non portiamo mai nulla casa, mai un pensiero, un fiore, nulla. Tutte queste piccole cose, sono anni che le abbiamo messe da parte. Eppure non basta. Compriamo della roba che non merita il nome di cibo. Alcuni miei compagni comprano il cibo per cani. Ma mica ce l’hanno il cane».
ANCORA il professore di prima : «Io credo che noi dobbiamo invece distinguere in maniera netta le cose e le persone. La vetrina è già riparata. Ma stasera ci sono tre persone che hanno perso un occhio, e non vedranno mai più. E una studentessa di vent’anni ha il volto sfigurato. Per sempre. Quella studentessa, deve sapere che noi siamo con lei senza se e senza ma». Una voce interrompe: «Bisogna condannare tutte e due le violenze».
È L’UNA. L’assemblea si scioglie. Alle 14 ricominciano i corsi. Molti degli insegnanti che erano presenti vanno a mangiare alla mensa del liceo, che ogni giorno sforna circa mille pasti. Per lo più di carne di scarsa qualità. Il pane quest’anno è migliore. Secondo alcuni è biologico. Un pasto costa circa due euro e mezzo. Il professore che ha difeso i Gilets Jaunes mangia in una brasserie davanti alla cattedrale Saint Julien. Spesso qualche Gilet Jaune ci viene a bere una birra. Un pasto completo costa intorno ai 20 euro. La nostra assistente torna in laboratorio. Per lei anche la mensa è troppo cara. Si è portata da casa una gamella con delle coquillettes e del ketchup.
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