A 25 anni dalla firma degli accordi di pace che, il 16 gennaio, hanno posto fine a 12 anni di guerra civile, il Salvador presiederà quest’anno la Celac, la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici che comprende tutti i paesi americani meno Usa e Canada. In sette anni di governo del Fronte Farabundo Marti per la Liberazione Nazionale (Fmln), il paese ha messo al centro l’inclusione e la lotta alle disuguaglianze. Ne abbiamo parlato con Jaime Miranda Flamenco, viceministro degli Esteri con delega alla Cooperazione per lo sviluppo, venuto in Italia per un incontro con gli imprenditori che si è svolto all’Ila, l’Istituto italo-latinoamericano.

Perché questo viaggio?
Per promuovere le relazioni economiche tra l’Italia e il mio paese. Abbiamo un accordo di cooperazione Eu-Salvador e Eu-America centrale, ma non lo stiamo mettendo adeguatamente a frutto. Una delle priorità è quella di incentivare gli investimenti nei vari settori per sviluppare l’occupazione, soprattutto giovanile, e impedire che i nostri ragazzi siano costretti ad andarsene. Oltre il 50% delle nostre relazioni economiche riguarda gli Stati uniti, così quando c’è stata la crisi, nel 2009 la nostra crescità è stata di meno 3,3%. Ora abbiamo una crescita del 2,5% ma dovremmo arrivare almeno al 5% per garantire le coperture economiche necessarie all’inclusione. Le relazioni con l’Italia ci permettono di ottenere prestiti internazionali a tasso zero e rimborsi dilatati, e progetti comuni nel settore educativo, nella prevenzione della violenza giovanile, nella sicurezza, nella cultura…

L’economia del Salvador è molto dipendente dalle rimesse degli immigrati negli Usa. Cosa pensa possa succedere con l’arrivo di Trump?
Preferisco essere prudente e aspettare, di solito una cosa è la propaganda elettorale, un’altra è quel che poi si riesce a realizzare, a fronte di una realtà consolidata, di istituzioni da rispettare. Quasi un terzo della popolazione salvadoregna vive negli Stati uniti, stiamo lentamente cambiando il nostro modello di sviluppo, ma ci vorrà ancora tempo. Abbiamo tre grandi priorità: crescere per creare occupazione, impedire l’emigrazione, avanzare sul piano della sicurezza. Anche la Banca mondiale, l’Fmi e la Cepal ci hanno definito uno dei paesi dell’America latina che più è andato avanti nella diminuzione delle disuguaglianze, continueremo ancora.

Il suo paese guarda però anche all’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli dell’America guidata da Cuba e Venezuela, a cui ha aderito a livello municipale.
Certo, un altro grande asse della cooperazione è quella sud-sud. Con l’Alba vi sono progetti di interscambio basati sul petrolio per destinarne i proventi ai progetti sociali. La cooperazione sud-sud è molto ampia, non solo a livello commerciale ma anche per le idee comuni, che ci consentono di presentarci di fronte alle istituzioni internazionali con progetti condivisi, con più forza. Il primo atto importante compiuto dal nostro governo è stato quello di ripristinare le relazioni con Cuba, eravamo l’unico paese latinoamericano che non le aveva. Siamo catalogati come il paese iberoamericano che ha più relazioni di cooperazione sud-sud: per esempio abbiamo importato i piani sociali applicati in Brasile dall’ex presidente Lula, contro la povertà e per gli aiuti alle famiglie a basso reddito. La cooperazione tra paesi fratelli rende di più, perché non coinvolge solo i governi, ma i popoli.

In Centroamerica vi è il tasso più elevato di femminicidi, è vero che il suo paese è al primo posto?
Purtroppo contro i femminicidi non si fa mai abbastanza, in ogni parte del mondo. Tutti dobbiamo avere coscienza della necessità di cancellare il maschilismo e il patriarcato come modo di intendere la realtà. Il problema esiste, ma occorre considerare anche che si vede di più perché ci sono statistiche, c’è un quadro specifico di leggi, ci sono istituzioni attente, donne che denunciano di più mentre prima i crimini erano invisibili e impuniti. Abbiamo lavorato moltissimo contro la disuguaglianza di genere, prima di tutto creando occasioni di lavoro per le donne, promulgando leggi contro la violenza di genere e il femminicidio, creando istituzioni specifiche e assumendo l’ottica di genere in tutti i progetti di cooperazione. Ovviamente, c’è molto ancora da fare.

Il Salvador festeggia i 100 anni dalla nascita di Monsignor Romero. A che punto è il processo di santificazione?
Speriamo si concluda presto. Questo è un anno speciale. A gennaio saranno 25 anni dalla firma degli accordi di pace. Ricordare Romero significa rinnovare l’impegno di quegli accordi, consolidare la democrazia e rispettare l’indipendenza dei poteri. Il Salvador presiede la commissione per i diritti umani delle Nazioni unite a Ginevra, di cui ha rispettato tutte le raccomandazioni.